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[personal profile] fairy_circles
Titolo: It ends with us
Fandom: Mo Dao Zu Shi
Rating: safe
Personaggi: Lan SiZhui, Jin Ling, Wei WuXian, Lan WangJi, Jiang Cheng
Pairings: ZhuiLing, WangXian
Word count: 7657
Note: seguito diretto di "Dreams are all but gone"

Ad attirare Wen Ning era stata la concentrazione di energia risentita: era strano che ne percepisse così tanta in un luogo così isolato. Si avvicinò con discrezione, intenzionato a verificare di cosa si trattasse prima di prendere qualunque iniziativa. Tuttavia, più si avvicinava, più percepiva anche una presenza nota. Quando si rese conto che si trattava di SiZhui, mise da parte ogni remora e piombò sul capanno sfondando direttamente il tetto già pericolante.
La scena che gli si presentò davanti lo lasciò impietrito: il giovane Lan era legato con delle corde che pendevano dal soffitto e tenevano dritta a forza la sua figura prostrata. Le vesti lacerate, i capelli sciolti e scarmigliati e il nastro frontale legato come un crudele bavaglio: così appariva SiZhui, coperto di sangue e privo di sensi.
«A-Yuan…»
La voce di Wen Ning uscì come un rantolo strozzato di fronte a quello spettacolo raccapricciante.
Bastò un rapido gesto della mano per tranciare le funi e lasciare che il corpo esanime del ragazzo si accasciasse tra le sue braccia. Solo allora si accorse che tre paia di occhi lo fissavano terrorizzati da un angolo della stanza.
Gli uomini erano raggomitolati l’uno contro l’altro, gli occhi spalancati e fissi su di lui.
Wen Ning si concesse un istante per capire se si trattasse di amici o nemici, se erano accorsi in aiuto o se erano loro i responsabili di quell’atrocità.
«Il Generale Fantasma è venuto in aiuto del cane Wen!» esclamò uno dei tre, chiarendogli così la loro posizione. «Cattivo sangue non mente!»
Il sangue di Wen Ning, se avesse potuto scorrere come una volta, in quel momento si sarebbe ghiacciato nelle vene: era dunque quello il motivo? Questi folli avevano rapito e torturato SiZhui per via della sua discendenza?
«Siete stati voi a fare questo?» ringhiò.
Sebbene avesse promesso a sé stesso di non fare più del male a nessun essere umano, in quel momento il peso del corpo di SiZhui, abbandonato tra le sue braccia, gli fece desiderare di uccidere quei tre.
«Siete stati voi a fare del male alla mia famiglia?» chiese di nuovo.
I tre non proferirono un’altra parola e, prima che l’istinto omicida potesse prendere il sopravvento, Wen Ning lanciò una delle sue catene che si avvolse attorno ai malcapitati, impedendo loro ogni movimento.
Il respiro di SiZhui era debole, aveva bisogno di cure immediate e quella era la cosa più importante a cui doveva pensare ora. Lo sollevò il più delicatamente possibile e lo portò fuori dalla baracca, in modo da poter esaminare le sue ferite alla luce. Quando poté vedere meglio, si rese conto che la situazione era peggiore di quanto avesse pensato e un nodo gli strinse la gola. Il ragazzo era stato torturato con un accanimento che lo lasciava sconvolto: il sangue che lo copriva sgorgava di numerose ferite su tutto il corpo, sulla schiena aveva una grossa bruciatura che ne deturpava la pelle candida e la gamba sinistra era piegata in un angolo strano, probabilmente per via di un osso rotto. La gravità della situazione andava oltre le sue capacità, nonostante avesse ricordi del periodo di studi con sua sorella, e poté solo pensare di portarlo il più presto possibile da un guaritore esperto.
Stava per balzare via con il giovane sempre tra le braccia, quando Wei WuXian e Lan WangJi piombarono nella radura, balzando dalle rispettive spade.
«A-Yuan!» gridò Wei WuXian non appena lo vide, la voce che si spezzava dal panico.
In un attimo gli furono entrambi accanto.
«Cos’è successo? Chi è stato?!» continuò Wei WuXian, chinandosi sul volto esangue del ragazzo.
Le sue dita tremavano mentre gli sfioravano una guancia, ma quando rialzò lo sguardo i suoi occhi lampeggiarono di rosso. L’energia risentita si addensò attorno a lui in un vortice oscuro mentre si voltava verso la baracca e, sfilando Chenqing dalla cintura, avanzò a grandi passi verso di essa.
«Wei Ying!» tentò di richiamarlo Lan WangJi, ma la sua preghiera cadde nel vuoto.
Wen Ning si accostò alla Seconda Giada e notò che era pallido quanto le vesti che indossava e i suoi occhi chiari non si staccavano da SiZhui. Lo vide allungare le braccia e, istintivamente, affidò il ragazzo a lui, certo che se ne sarebbe preso cura.
«Ha bisogno di cure immediate.» disse. «Vi prego, Hanguang-jun, dobbiamo tornare subito alla Torre della Carpa Dorata.»
Lan WangJi annuì, stringendo il corpo esanime del figlio.
In quel momento lo scoppio improvviso di un’esplosione fece sobbalzare entrambi e il tetto della baracca venne disintegrato da decine di lame di tenebra che sembravano emergere da essa. Grida di dolore si levarono dall’interno.
Lan WangJi fece per scattare in piedi, ma Wen Ning lo precedette.
«Prendetevi cura di A-Yuan.» disse, mentre si precipitava verso la casupola.
Una voce flebile lo raggiunse mentre stava per varcare la soglia.
«Baba…»
Wen Ning si sentì stringere il cuore: qualsiasi cosa stesse facendo Wei WuXian, in quel momento non c’era tempo per la rabbia e la vendetta, il suo posto avrebbe dovuto essere accanto a suo figlio.
«Wei gongzi!» lo chiamò.
Lo vide in piedi davanti ai corpi straziati dei tre uomini. Lame di energia risentita li trafiggevano. Non erano punti vitali, ma la pozza di sangue che si allargava sotto di loro si faceva sempre più grande.
Due piagnucolavano, il terzo inveiva contro il Patriarca di Yiling che aveva inviato il Generale Fantasma a salvare il cane Wen.
Wei WuXian tremava di furia, una mano che stringeva Chenqing così forte che avrebbe potuto spezzarlo.
«E voi avreste ridotto in fin di vita mio figlio per queste sciocchezze?!» ringhiò. «Datemi una ragione, solo una, per non farvi a brandelli seduta stante!»
Un’ondata di energia risentita investì i tre, che si ritrovarono a sputare sangue.
«WEI GONGZI!» lo chiamò nuovamente Wen Ning, e finalmente il suo padrone, l’amico di una vita - di due vite - si voltò verso di lui.
La sua espressione era distorta dall’ira, gli occhi fiammeggianti.
Wen Ning lo afferrò saldamente per una spalla e con la mano libera strinse Chenqing.
«Lasciate che me ne occupi io.» disse in tono fermo. «Non è il momento della vendetta. A-Yuan ha bisogno di voi ora.»
A sentir nominare il figlio, l’ira che aveva dominato Wei WuXian fino a quel momento si placò, il suo sguardo si fece più lucido e le iridi infuocate ripresero il loro chiaro colore grigio argento. Anche l’energia risentita si dissipò. Ora sembrava solo un giovane uomo pallido e spaventato.
«Si riprenderà?» chiese, disperato, afferrando la manica di Wen Ning.
Non poteva mentirgli, quindi scosse la testa, desolato.
«Prima riceverà cure e meglio sarà. Non è in buone condizioni.»
Wei WuXian sgranò gli occhi e si precipitò fuori dalla baracca, senza degnare nemmeno di uno sguardo i tre che fino a un attimo prima avrebbe ucciso senza pensarci due volte.
Ora il Generale Fantasma era solo con chi aveva aveva fatto del male all’unica famiglia che gli era rimasta.

Quando Jin Ling giunse nella piccola radura, balzando da Suihua ancora a mezz’aria, la scena che gli si aprì davanti agli occhi gli parve surreale. Lan WangJi era di spalle, inginocchiato a terra e stava sostenendo qualcuno tra le braccia. Di fronte a lui Wei WuXian aveva un’espressione stravolta e le maniche della sua veste erano coperte di sangue. A pochi passi da loro, di fronte a una baracca semi distrutta, il Generale Fantasma controllava a vista tre uomini orribilmente feriti. Immediatamente riconobbe due di loro come gli appartenenti al clan Qin che avevano incontrato quella notte nel bosco e si sentì gelare. Quindi i suoi sospetti non erano stati infondati.
Il suo sguardo saettò nuovamente verso Lan WangJi, sforzandosi di mettere a fuoco quello che vedeva. Quel cumulo di stracci sporchi di sangue non poteva essere SiZhui, non il suo A-Yuan. Si sentì girare la testa.
Una mano pesante calò sulla sua spalla, riportandolo alla realtà e ancorandolo al presente.
«Jiujiu…» mormorò sollevando lo sguardo.
Jiang Cheng, al suo fianco, aveva un’espressione indecifrabile, gli occhi di ghiaccio puntati sui tre criminali.
Jin Ling non voleva pensare a loro ora. Si svincolò dalla stretta e corse avanti.
«A-Yuan!» singhiozzò, rendendosi a malapena conto di quanto fosse disperata la sua voce.
Crollò in ginocchio accanto a Lan WangJi, non riuscendo a capacitarsi che la persona che giaceva di fronte a lui fosse davvero il suo amato. Cosa ne era stato del suo sorriso solare, dei suoi occhi luminosi, della sua postura impeccabile? Perché c’era tutto quel sangue? Perché il suo secondo zio stava gridando e sembrava fuori di sé?
Allungò lentamente una mano e prese tra le sue quella pallida di SiZhui.
«A-Yuan…» ripetè.
Il ragazzo sollevò le palpebre faticosamente.
«A-Ling…» mormorò con un filo di voce, flettendo appena le dita per rispondere alla stretta. «Non piangere, baobei
Solo in quel momento Jin Ling si rese conto di avere le guance bagnate di lacrime. Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa, rassicurare SiZhui, dirgli che si sarebbero presi cura di lui e che si sarebbe ripreso presto, ma dalle sue labbra non uscivano altro che respiri spezzati. Era come se si fosse trovato all’interno di una bolla in cui nulla poteva raggiungerlo, non lo sconvolgimento di Wei WuXian, non il tono inflessibile di suo zio mentre interrogava i presenti. Vedeva solo gli occhi sofferenti di SiZhui, sentiva solo il tocco debole delle sue dita.
Fu un’esclamazione secca a strapparlo suo malgrado da quello stordimento.
«È tutto un complotto! State tutti coprendo quel cane Wen! Capoclan Jin, noi avevamo fiducia nella vostra guida!»
Jin Ling sollevò lentamente lo sguardo, confuso, e lo spostò sull’uomo che aveva urlato.
«Il Patriarca di Yiling, il Generale Fantasma e persino Hanguang-jun! Perché tutti lo state proteggendo? I miei genitori sono stati uccisi dai Wen!»
«Mio fratello è stato bruciato dal ferro della loro sgualdrina!» gridò un altro. «I Wen sono la fonte di tutti i mali, hanno scatenato una guerra, sarebbero dovuti morire tutti!»
Jin Ling non riusciva a capire. Wen? Di chi stavano parlando?
Si voltò verso Wei WuXian, la persona più vicina a lui e lesse la verità nella sua espressione sconvolta.
Le parole che SiZhui aveva pronunciato nella stanza dei tesori alla Torre della Carpa improvvisamente assunsero tutto un altro significato.
«Pensavo… a loro… alla mia famiglia… e a tutto quello che è successo. A volte mi sento strano, non capisco bene cosa dovrei provare nei confronti di tutta questa faccenda.»
«È una storia lunga. Ci siamo incontrati quando ero molto piccolo e si è preso cura di me per un po’, prima che Hanguang-jun mi trovasse.»
«La storia la scrivono i vincitori, A-Ling.»
Era questo ciò che lo tormentava, ciò di cui non era riuscito a parlargli? Lan Yuan in realtà era Wen Yuan, l’ultimo sopravvissuto di una stirpe che aveva portato il caos nel mondo. Quante cose gli aveva taciuto?
Scosse la testa, sopraffatto. Non era qualcosa a cui voleva pensare ora.
«Capoclan Jin.»
A mettere un punto ai pensieri che gli vorticavano in testa fu la voce di Lan WangJi.
«Hanguang-jun.»
Ne pronunciò il nome come se fosse un’ancora di salvezza.
«Ora è essenziale prestare le adeguate cure a SiZhui.»
Bastarono quelle parole, espresse con inusuale urgenza per una persona pacata come Lan WangJi, per riportarlo con i piedi per terra.
«Torniamo subito alla Torre della Carpa!» esclamò, balzando in piedi.
Lan WangJi si sollevò a sua volta, sempre tenendo SiZhui tra le braccia, e fece cenno a Wei WuXian di stargli vicino.
«Sali su Bichen con noi.» gli disse e l’altro annuì, troppo scosso per protestare.
Jin Ling si voltò verso Jiang Cheng, che ancora torreggiava sugli aggressori, e Wen Ning, che non li perdeva d’occhio.
«Tornate tutti.» disse suo zio, facendogli cenno di affrettarsi. «Vi raggiungerò a breve.»
Jin Ling non attese oltre e sfoderò Suihua per dirigersi il più velocemente possibile verso la salvezza del suo amato.

Quello che seguì fu un caos di ordini urlati, gente che correva e si affollava attorno a loro, guaritori allarmati che si affrettavano a trasportare il ferito nell’area medica, domande su domande fino a fargli girare la testa, l’ansia pressante che gli stringeva lo stomaco, il bisogno di fare qualcosa, la disperazione di sentirsi impotente. Il senso di colpa. Perchè, ovviamente, in qualche modo, sentiva che tutta quella situazione fosse colpa sua. L’unica ancora alla realtà era la mano di Lan WangJi stretta nella sua.
Quando Wei WuXian aprì gli occhi, albeggiava e si trovava nella stessa stanza dove aveva già riposato.
«Mi sono addormentato?» mormorò, portandosi una mano alla fronte, leggermente dolorante.
Un movimento accanto a sé lo indusse a spostare lo sguardo.
«I guaritori ti hanno dato un sedativo.» disse Lan WangJi, sollevandosi dalle lenzuola. «Eri troppo agitato e non volevi lasciare SiZhui nemmeno per lasciarli lavorare.»
Quelle parole gli riportarono alla mente gli avvenimenti del giorno prima, in che condizioni avevano ritrovato il ragazzo e quale era stata la sua reazione inconsulta. Non era stato di nessun aiuto, anzi, aveva costretto i medici a metterlo fuori combattimento perché li stava intralciando.
«Mi dispiace.» mormorò, vergognandosi di sé stesso.
Aveva completamente perso la testa, aveva addirittura tentato di uccidere delle persone.
«Come sta A-Yuan?»
Nonostante le sue colpe, quella era la cosa più importante.
Lan WangJi gli circondò le spalle con un braccio e se lo tenne vicino.
«I guaritori hanno detto che ci vorrà del tempo ma si riprenderà. Le ferite del corpo dovranno fare il loro corso. I suoi meridiani spirituali erano stati bloccati ma, una volta liberati, non sono risultati danneggiati e questo sarà d’aiuto.»
Wei WuXian sospirò appena.
«Pensi che… potrei vederlo?»
Dopo il modo in cui si era comportato il giorno prima, sarebbe stato un miracolo se l’avessero anche solo fatto entrare nel padiglione medico. Tuttavia Lan WangJi annuì.
«Più tardi andremo a visitarlo insieme.»
«E Jin Ling?» chiese ancora Wei WuXian, non riuscendo a rilassarsi. «Sta bene? Come l’ha presa? E Jiang Cheng?»
Ora che l’identità di SiZhui era venuta alla luce sarebbe potuto accadere di tutto. Jin Ling non aveva mai fatto mistero del proprio disprezzo per i Wen, per non parlare di Jiang Cheng, che probabilmente non avrebbe tollerato di saperne uno ancora in vita.
«Jin Ling era sconvolto ma fisicamente sta bene, è voluto rimanere accanto a SiZhui questa notte e i guaritori non hanno potuto dirgli di no. Il capoclan Jiang si è assicurato che gli aggressori venissero incarcerati in attesa di giudizio, ma non ha detto una parola sulle altre questioni.» rispose Lan WangJi.
Finalmente Wei WuXian si appoggiò a lui e nascose il volto nell’incavo del suo collo.
«È colpa mia.» mormorò.
Avvertì pur senza vederla la confusione del marito.
«Se non fosse stato per me, non ci sarebbe stato questo accanimento sui superstiti dei Wen.»
«Wei Ying… se non fosse stato per te i superstiti dei Wen sarebbero tutti morti.»
«Però il mio comportamento di ieri ha peggiorato le cose. Ho perso la testa, li avrei uccisi tutti.»
Aveva, insomma, dimostrato a tutti quanto non ci si potesse fidare di lui e, per l’ennesima volta, quanto fosse pericoloso.
La mano di Lan WangJi passò dalle sue spalle ai suoi capelli, in una carezza leggera.
«Stavi difendendo la tua famiglia.»
«La stavo vendicando.» lo corresse Wei WuXian. «Nel modo più sbagliato possibile.»
Lan WangJi si chinò sul suo orecchio.
«L’avrei fatto anch’io.» sussurrò.
Wei WuXian avrebbe voluto aggiungere che però lui non si era lanciato all’attacco brandendo strali di energia risentita, come il criminale che tutti pensavano che fosse, ma si astenne dall’infierire su sé stesso.
«Lan Zhan.» disse invece. «Voglio tornare ai Meandri delle Nuvole. Non appena A-Yuan sarà in grado di viaggiare, torniamo a casa, per favore.»
Era una richiesta egoistica, ne era consapevole. Sapeva che il suo bambino ora avrebbe avuto bisogno di tanto riposo e tranquillità, e l’ultima cosa che gli avrebbe fatto bene sarebbe stato uno spostamento di giorni. Eppure aveva bisogno di saperlo al sicuro, in un luogo dove avrebbe potuto stargli accanto e nessuno avrebbe osato alzare un dito su di lui.
Lan WangJi non ebbe bisogno di fargli domande, capì immediatamente cosa intendeva, annuì e gli posò un bacio sulla fronte.
«Torneremo a casa presto, te lo prometto.»

Jin Ling, invece, non aveva chiuso occhio tutta la notte. Di nuovo. Nonostante i guaritori gli avessero consigliato più volte di andare a riposare e si fossero offerti di preparargli qualcosa per rilassarsi, non aveva voluto sentire ragioni. Non avrebbe lasciato il fianco di SiZhui finché non si fosse svegliato e fosse stato certo che stava bene. Quindi, era rimasto seduto accanto al suo giaciglio, stringendo la sua mano mentre mille pensieri si affollavano nella sua testa.
Perché SiZhui non gli aveva parlato del suo segreto? Non lo riteneva degno di fiducia? Ripensando a come si era comportato anche nel recente passato, era ovvio che si fosse sentito a disagio. Dopotutto, aveva avuto solo parole dure per il suo clan e non aveva cambiato idea su quello. I Wen erano stati coloro che avevano causato la morte di tante persone, avevano distrutto Pontile del Loto, decimato il clan Jiang, dato fuoco ai Meandri delle Nuvole e provocato la morte del precedente capoclan Lan. Era stato per arrestare questa scalata all’egemonia immersa nel sangue che i restanti clan si erano uniti e avevano dato inizio alla guerra. I Wen avevano portato solo dolore e distruzione, il fatto che fossero stati sterminati era stato solo un atto di giustizia.
Eppure… Eppure, non poteva dimenticare i racconti che aveva sentito da ragazzino sul Patriarca di Yiling, che si era rifugiato sui Monti dei Sepolcri con un gruppo di sopravvissuti ai campi di lavoro Jin. Qualcuno diceva che fossero degli spiantati, altri che fossero pericolosi criminali che stavano organizzando una resistenza per riprendere il potere. Alcune voci sporadiche dicevano che si trattasse solo di vecchi, donne e bambini, e che il Patriarca di Yiling stesse solo proteggendo delle vittime innocenti che non avevano preso parte allo scontro. C’erano dei bambini… SiZhui aveva detto di aver incontrato Wei WuXian dopo la Campagna dell’Eclissi e di come si fosse preso cura di lui. Al punto da considerarlo un padre.
Gli si strinse lo stomaco. Lan WangJi aveva cresciuto SiZhui come se fosse suo, eppure qualcun altro prima di lui si era preso cura di quel bambino rimasto orfano durante la guerra. Quel bambino che ora era diventato il giovane privo di sensi di fronte a lui.
Era Wen Yuan, ultimo discendente di un clan che aveva meritato lo sterminio per le proprie azioni atroci. Ma era anche Lan SiZhui, la persona che più amava al mondo.
Jin Ling si sentiva girare la testa. Se si fosse trattato di chiunque altro, avrebbe affermato che, in quanto Wen, aveva meritato quelle torture terribili, ma SiZhui era la persona più buona che conoscesse e su questo non avrebbe mai cambiato idea, nemmeno se gli avessero detto che era uno yao o un fantasma. Non sapeva cosa fare e aveva la terribile impressione che gli mancasse una grossa parte di tutta la storia. Nessuno gli aveva mai raccontato perché Wei WuXian si fosse messo improvvisamente dalla parte dei Wen superstiti, nemmeno Wei WuXian stesso, e senza quella conoscenza sentiva di non poter essere obiettivo su tutta la vicenda. Sentiva di non poter essere sicuro di chi fosse davvero la persona che aveva di fronte.
In quel momento le dita di SiZhui, ancora strette tra le sue, si contrassero appena e ogni altro pensiero perse importanza.
«A-Yuan!» non poté fare a meno di chiamarlo.
Vide le sue ciglia tremare poi sollevarsi lentamente, lo sguardo appannato di quegli occhi cerulei che amava tanto mettersi piano piano a fuoco su ciò che lo circondava. Aveva dormito molte ore, doveva sentirsi confuso. Inoltre non voleva allarmarlo sulle proprie condizioni fisiche, per questo si limitò ad accarezzargli piano il dorso della mano con il pollice.
Finalmente lo sguardo di SiZhui si spostò su di lui, mentre le sue labbra mormoravano uno stentato: «A-Ling…»
Sorrise debolmente e Jin Ling decise che non gli importava nulla e che lo avrebbe amato per sempre.
Si accorse delle lacrime che avevano iniziato a scorrere solo quando SiZhui sollevò faticosamente una mano e gliela posò sulla guancia bagnata.
«Non piangere, baobei.» mormorò, esattamente come aveva fatto nella radura, quando Jin Ling non vedeva altro che sangue e non sapeva nemmeno se sarebbe sopravvissuto.
Prese di nuovo la mano tra le sue e premette le labbra sul dorso.
«Ti amo.» singhiozzò. Non riusciva a dire altro. «Ti amo e basta. Non m’importa niente.»
SiZhui sembrava confuso e Jin Ling era certo che non sarebbe riuscito a dirgli nient’altro per un po’ di tempo, quindi rimase in silenzio.
Vennero interrotti poco dopo da un discreto bussare e da un pannello che si apriva. Un paio di iridi argentate fecero capolino nella stanza e di nuovo non vi fu spazio per le parole ma solo per lacrime cariche di sentimenti.

Jin Ling dovette attendere praticamente tutta la giornata prima di poter rimanere di nuovo solo con SiZhui. Prima si erano presentati Lan WangJi e Wei WuXian, quest’ultimo di nuovo sull’orlo di una crisi emotiva - ma questa volta Jin Ling non si sentiva di biasimarlo. Poi si era dovuto occupare dei suoi doveri di capoclan e suo zio gli aveva fatto notare che non avrebbe potuto tardare ancora per molto la decisione sul destino dei tre uomini appartenenti al clan Qin. Avrebbe dovuto accordarsi con i Lan, visto che la vittima era un loro discepolo, ma la sua parola avrebbe avuto un certo peso, poiché gli aggressori appartenevano a un clan vassallo dei Jin e il tutto era avvenuto a Lanling. In realtà non avrebbe voluto pensarci perché più lo faceva, più gli saliva la rabbia e non riusciva a ragionare lucidamente. Avrebbe voluto cancellare l’esistenza di quella gentaglia.
Quando finalmente aveva portato a termine tutti i suoi impegni, aveva dovuto attendere ancora perché i guaritori si stavano occupando delle medicazioni. Riuscì a vedere SiZhui quando ormai fuori imbruniva. Era così pallido e smunto, accasciato tra i cuscini bianchi, che gli si strinse il cuore a vederlo. Le braccia erano coperte di bende e se ne potevano intravedere anche dallo scollo della veste. Dalla vita in giù era coperto dalle lenzuola ma poteva immaginare che anche il resto del suo corpo fosse nelle medesime condizioni. Aveva un livido sulla guancia che stava gradualmente schiarendosi. I capelli scuri, acconciati in una morbida treccia, gli ricadevano su una spalla creando un contrasto netto con tutto quel candore.
«A-Ling.» lo accolse, accennando un sorriso.
«Baobei.» lo salutò a sua volta, decidendo che non si sarebbe mai più vergognato di rivolgergli nomignoli affettuosi. Aveva rischiato di perderlo, l’imbarazzo era l’ultimo dei suoi problemi. «Come ti senti?»
«Come se fossi caduto dalla spada mentre volavo sopra i Monti dei Sepolcri.» ammise SiZhui, concedendosi un po’ di ironia.
Quella mattina la riunione con Wei WuXian e Lan WangJi era stata estremamente provante per tutti e tre: Jin Ling aveva potuto vedere chiaramente quanto il suo fidanzato fosse stato terrorizzato e disperato, quindi vederlo più tranquillo ora gli permetteva di allentare a sua volta la tensione.
Anche se…
«A proposito di Monti dei Sepolcri.» iniziò.
Probabilmente non era ancora il momento per parlarne, ma aveva bisogno di farlo. Sarebbe stato SiZhui a fermarlo se non ne avesse avuto il desiderio.
Al contrario, invece, lo sentì sospirare piano e chinare la testa.
«Sì, baba me l’ha detto. Mi dispiace.» disse.
«Non l’ho detto perchè ti scusassi.» iniziò Jin Ling, incerto. «Vorrei solo capire. Ci sono tante cose che non so e avevi ragione quando dicevi che la storia la scrivono i vincitori. Vorrei solo conoscere un altro punto di vista.»
Lo sguardo che SiZhui alzò su di lui gli parve intimorito e Jin Ling si chiese se non stesse di nuovo sbagliando tutto.
«Non devi parlarmene ora se non te la senti, però mi piacerebbe che in futuro…»
«Mi odi?» lo interruppe SiZhui, a bruciapelo. I suoi occhi erano fissi su di lui, enormi e spaventati.
«Cosa?! No!» esclamò Jin Ling, prendendo una mano tra le sue. «Mai. Per nessuna ragione al mondo.»
Prese uno sgabello e si sedette accanto al letto. Avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo forte, fino a cancellare quell’espressione impaurita, ma non osava per timore di fargli male.
«Ti ho nascosto una cosa così importante.» continuò SiZhui. «Ma non l’ho fatto con cattive intenzioni. Quando ero piccolo, ho avuto una febbre molto alta che mi ha fatto dimenticare tutto. È successo dopo l’assedio ai Colli dei Sepolcri, quando Hanguang-jun mi ha trovato dove ormai non restava più niente. Ho ricordato solo dopo il ritorno di baba e di recente mi ha raccontato cos’è successo davvero. È stato difficile, non sapevo come reagire o come sentirmi, né quale fosse il mio posto e chi fossi davvero. Volevo capirlo da solo prima di parlartene, ma poi, beh… il destino è stato di altro avviso.»
«Non è stato il destino!» sbottò Jin Ling. «Sono stati dei criminali che hanno fatto del male a una persona innocente!»
Tutto il suo pensare e ragionare alla fine lo portava alla stessa conclusione: indipendentemente da quale sangue scorresse nelle vene di SiZhui, lui in questa vicenda era una vittima. Non aveva mai fatto nulla di male e quelli che lo avevano torturato, seguendo un distorto ideale di giustizia, erano dei criminali.
«Ti racconterò tutto.» continuò SiZhui. «Ho solo bisogno di un po’ di tempo e vorrei vedere lo zio Ning, ho sempre parlato solo con lui del passato. Poi ti dirò tutto, te lo prometto. Però una cosa vorrei chiedertela.»
Jin Ling strinse di più la sua mano.
«Certo, tutto quello che vuoi.»
«Non uccidere quegli uomini.»
Di tutte le richieste questa era l’ultima che si sarebbe aspettato. Non che pensasse che SiZhui avrebbe voluto vendetta, ma nemmeno che chiedesse clemenza per chi lo aveva ridotto in quel modo.
«Non fraintendermi, non lo faccio per mostrarmi più buono di quanto non sia. Una parte di me, vorrebbe che soffrissero per quello che mi hanno fatto, ma così tutto questo non avrà mai fine. La sete di potere dei Wen ha distrutto il mondo della coltivazione, i grandi clan hanno sterminato i Wen, il Patriarca di Yiling li ha attaccati per proteggere i sopravvissuti e loro lo hanno ucciso. Ora dei reduci hanno attentato alla vita dell’ultimo dei Wen. Se non mettiamo fine noi a tutto questo, non finirà mai.»
Jin Ling poteva capire quel pensiero, anche i suoi genitori erano stati vittime di tutto quell’odio e lui stesso aveva tentato di fare del male al suo secondo zio per vendetta. Era un cerchio che andava chiuso.
«Avranno un giusto processo.» disse. «Verranno giudicati per le loro azioni e sconteranno la loro condanna.»
Si sporse in avanti e appoggiò la fronte contro quella di SiZhui, che gli sorrise.
«Sì. Questa spirale di morte finisce con noi.»

Epilogo 1

Dopo diversi giorni di pioggerella e cielo cupo, finalmente il sole era tornato a splendere sopra i Meandri delle Nuvole, diradando anche quella nebbiolina che avvolgeva sempre le cime dei monti di Gusu. Erano rientrati da poco più di una settimana e, finalmente, SiZhui era riuscito a convincere i guaritori che stare per un po’ all’aria aperta non gli avrebbe fatto male.
Durante il mese di convalescenza alla Torre della Carpa Dorata, non gli era stato permesso di lasciare la sua stanza e, in ogni caso, era stato troppo debole per muoversi. Wei WuXian era sempre rimasto accanto a lui, ripetendogli che presto lo avrebbe riportato a casa, anche quando Lan WangJi era stato costretto a lasciare Lanling per impegni legati al clan. SiZhui aveva provato a dirgli che era al sicuro, che non gli sarebbe successo niente e che poteva tornare a Gusu, ma suo padre non aveva voluto sentire ragioni: sarebbe rimasto lì finchè non si fosse ripreso a sufficienza. Quella promessa aveva richiesto più tempo del previsto ma, per quanto gli dispiacesse per l’ansia di Wei WuXian, questo gli aveva permesso di trascorrere più tempo con Jin Ling. Raccontargli tutto era stato difficile e più volte lo aveva visto scurirsi in volto. Sapeva che era stato sul punto di ribattere qualcosa di poco diplomatico, ma era sempre riuscito a trattenersi e a rivolgergli parole pacate e di comprensione. Capiva che quella sarebbe stata una verità difficile da digerire per il suo amato, che da sempre aveva sentito solo voci sulla malvagità dei Wen e su quanto si fossero meritati la fine che avevano fatto. Però contava sulla sua mente aperta, sul fatto che avesse compreso le ragioni di Wei WuXian e l’avesse a suo modo perdonato. Sperava che riuscisse a fare lo stesso con lui. Ne ebbe la conferma quando, dopo avergli raccontato dell’assedio ai Monti dei Sepolcri, della distruzione della loro casa e della morte di quel poco che restava della sua famiglia, lo aveva visto abbassare la testa e asciugarsi furtivamente una lacrima.
«È così ingiusto. Wen Qing era innocente, tutta quella povera gente era innocente, e anche shishu è morto in quel modo…!» aveva esclamato mentre gli teneva stretta una mano.
Non aveva voluto saperne di lasciarlo andare per tutto il resto del tempo in cui era rimasto a fargli visita e, quando Wei WuXian era rientrato, lo aveva guardato con una commozione che mai aveva visto nel suo sguardo; gli aveva rivolto un inchino così rispettoso che l’altro era rimasto completamente spiazzato.
Quando SiZhui era stato di nuovo sufficientemente in forze per viaggiare, si erano congedati per fare ritorno ai Meandri delle Nuvole e Jin Ling aveva promesso che sarebbe andato a trovarlo il prima possibile.
I primi giorni a casa erano stati interminabili, complice la sua impossibilità di muoversi come voleva. Aveva passato la maggior parte del tempo tra il sonno e il dormiveglia e, nei pochi momenti in cui era lucido, si era sentito stranamente insofferente. Per questo, quando il cielo era finalmente schiarito, aveva insistito per poter uscire almeno per un poco e aveva accolto con gioia la proposta di Wei WuXian di accompagnarlo al campo dei conigli.
Negli ultimi giorni aveva iniziato, poco a poco, a muovere i primi passi per la stanza, per sperimentare lo stato di guarigione della gamba. Muoversi era ancora difficoltoso, le braccia gli facevano male e la bruciatura sulla schiena gli provocava ancora dolore. Le gambe faticavano a reggerlo e si stancava molto facilmente, per questo Wei WuXian non aveva voluto sentire ragioni e lo aveva portato in braccio fino al retro della montagna. In quei giorni si era reso conto che suo padre lo toccava con una cura inusuale, come se avesse sempre il terrore di fargli male.
«Sto bene, baba, non preoccuparti.» gli disse mentre lo vedeva affannarsi in modo che il punto del prato dove lo aveva adagiato fosse il più confortevole possibile.
Wei WuXian gli rivolse un sorriso triste.
«Il mio bambino deve stare comodo.» rispose.
«Siediti con me.» lo invitò tirandolo per una manica, finchè l’altro non accettò.
Rimasero in silenzio per un po’, ascoltando il fruscio del vento tra le fronde e lo scalpiccio dei conigli nei cespugli. A poco a poco, le bestiole iniziarono a fare capolino tra i rami, rivolgendo i musetti candidi verso i visitatori. Riconoscendoli come noti, iniziarono ad avvicinarsi, saltellando circospetti e agitando il nasino nell’aria. I più audaci si spinsero fino all’orlo della veste di SiZhui, stropicciandolo con le zampette.
Wei WuXian ne prese in braccio uno e lo accarezzò.
«Questi piccolini hanno sempre un effetto incredibilmente calmante.» disse, porgendolo poi al figlio.
SiZhui lo tenne in grembo, passando piano le dita sulla pelliccia folta e morbida.
«Ti devo confessare una cosa.» mormorò senza alzare lo sguardo. «Non l’ho detto a nessuno perché ripensarci mi spaventa, però penso che tu mi possa capire.»
La verità era che fino a quel momento non aveva trovato il coraggio di parlarne nemmeno a Wei WuXian perché non poteva non notare il suo sguardo costantemente preoccupato e non voleva appesantirne i pensieri. Aveva l’impressione che suo padre si stesse incolpando per quanto successo quando non ne aveva la minima responsabilità.
«Puoi dirmi qualsiasi cosa, ravanellino.» lo incoraggiò.
SiZhui prese un respiro e si fece coraggio.
«In quella baracca, quando mi stavano… facendo del male, avevano bloccato la mia energia spirituale e non potevo fare nulla per oppormi a loro. Ecco, io… ho sentito l’energia risentita. Aleggiava dappertutto, era lì, a portata di mano ed era come se mi chiedesse di essere utilizzata. E io… volevo davvero farlo.»
Lo sguardo che si spostò su di lui mostrò un velo di allarme solo per un istante, prima che Wei WuXian sorridesse.
«Ma non l’hai fatto. Sei stato molto più bravo di me, che in quel momento ho perso la testa.»
Di nuovo il senso di colpa si era fatto strada nella sua espressione. Sollevò una mano verso di lui, ma subito la riabbassò, incerto.
SiZhui voleva solo che lo abbracciasse.
«Ho avuto paura…» mormorò, tenendo lo sguardo basso, sulle dita che ancora accarezzavano il coniglio.
In quel momento sentì un braccio circondarlo e, istintivamente, si accoccolò contro la spalla di Wei WuXian. Forse era un atteggiamento da bambini, ma sentiva il bisogno della vicinanza dell’unica persona che poteva davvero capire cosa avesse passato.
«Vieni qui.» gli disse Wei WuXian, tenendolo stretto. «Il mio ravanellino è stato corraggiosissimo. Avere paura e aggrapparsi a qualunque cosa pur di sopravvivere è solamente umano e tu sei incredibilmente ammirevole per non aver voluto vendetta. Sei molto migliore di me.»
Gli accarezzò i capelli e, inaspettatamente, le sue dita si impigliarono nel nastro frontale. Subito ritirò la mano esclamando uno: «Scusa!» imbarazzato.
SiZhui raccolse le code del nastro frontale e gliele mise in mano.
«Sei mio padre.» disse. «Sei la mia famiglia. Non sentirti mai da meno.»
Gli sorrise e questa volta fu Wei WuXian a nascondere la faccia nell’incavo del suo collo per nascondere gli occhi lucidi.
«Amare qualcuno così tanto a volte fa paura.» mormorò contro la stoffa bianca della sua veste e SiZhui si sentì stringere il cuore. Sapeva benissimo come ci si sentiva.
Rimasero in silenzio per un po’, osservando i coniglietti che zampettavano attorno a loro, chi annusando l’aria, chi mangiucchiando qualche filo d’erba. Quello in grembo a SiZhui si era raggomitolato su sé stesso e si era addormentato. Stare in loro compagnia faceva davvero bene allo spirito.
Mentre li osservava, Wei WuXian estrasse Chenqing dalla cintura e prese a suonare una melodia lenta e delicata, che rasserenava il cuore. SiZhui tornò ad appoggiarsi a lui, grato di quella vicinanza.
«Baba, vorrei chiederti una cosa.» disse.
Wei WuXian smise di suonare e tornò a guardarlo, invitandolo a continuare.
«Ecco… la scorsa estate A-Ling mi ha regalato un dizi e mi chiedevo, se non è troppo invadente da parte mia farti questa richiesta, se ti andrebbe di…»
«Certo!» lo interruppe Wei WuXian, riacquistando finalmente il suo consueto tono entusiasta. «Se mi stai chiedendo di insegnarti a suonarlo, la mia risposta è assolutamente sì! Speravo tanto che prima o poi me lo chiedessi!»
SiZhui sorrise tra sé dei propri timori: era andata esattamente come aveva detto Jin Ling ed era felice che fosse così.
Wei WuXian riprese a suonare e SiZhui chiuse gli occhi, appoggiato alla sua spalla.
Aveva perso il senso del tempo quando sentì qualcosa di caldo che veniva appoggiato sulle sue spalle. Si sollevò appena e notò che Lan WangJi li aveva raggiunti al campo senza che lo avessero sentito arrivare e aveva posato la propria sopraveste sulle spalle di entrambi.
Si chinò in avanti e posò un bacio sui capelli di Wei WuXian, esitò solo un istante poi fece lo stesso con SiZhui.
«Inizia a rinfrescare.» disse. «Sarebbe meglio rientrare.»
SiZhui si sentì scaldare il cuore: ricordava quei gesti teneri da parte sua quando era piccolo, ma una volta cresciuto era stato trattato come tutti gli altri discepoli. Che Hanguang-jun si fosse lasciato andare a un gesto del genere mostrava tutta la preoccupazione e il dolore che aveva provato. Quando lo sollevò tra le braccia per non farlo stancare lungo il percorso di ritorno, SiZhui lo lasciò fare senza protestare.
Indugiò per un attimo, sbirciando Wei WuXian che si era affiancato a loro con un’aria finalmente più serena, prima di tornare a guardare il suo mentore e secondo genitore.
«Grazie, A-die.» sussurrò.
Lan WangJi sussultò appena, limitandosi a rispondere il suo consueto: «Mn.» ma i suoi occhi, fissi sul sentiero di fronte a loro, si erano fatti appena più lucidi.

Epilogo 2

Era di nuovo a Lanling, alla Torre della Carpa Dorata. C’era voluto del bello e del buono per convincere Wei WuXian a lasciarlo andare, ma erano passati mesi e ormai si era rimesso completamente. Inoltre suo zio Ning non aveva lasciato il suo fianco per tutta la durata del viaggio e sarebbe rimasto a portata di voce anche durante il soggiorno. Se Jin Ling non ne era particolarmente entusiasta, Lan SiZhui si sentiva decisamente il più amato dei nipoti.
Era tornato con l’idea di proseguire i suoi studi di medicina, ma in realtà aveva anche un altro intento. Per tutto quel tempo, non aveva fatto altro che pensarci e dibattersi nel dubbio se fosse adeguato o se si trattasse di un’imperdonabile mancanza di rispetto. Non era giunto a nessuna conclusione, quindi l’unica cosa che poteva fare era fare un tentativo.
Ci provò dopo cena, quando lui e Jin Ling si erano attardati a sorseggiare un tè dopo che tutti i servitori erano tornati alle loro occupazioni. Non sapeva bene come introdurre il discorso senza creare disagio, quindi decise di essere diretto.
«Vorrei chiederti un favore, A-Ling.» esordì. «Mi rendo conto che si tratta di qualcosa di poco consono e ti prego di scusarmi se dovesse sembrarti sfacciato.»
Di fronte a lui Jin Ling lo fissava con sguardo interrogativo, cercando di capire dove volesse andare a parare.
«In questo ultimo periodo mi sono sentito confuso e ho riflettuto molto su me stesso e su quello che sono, e sono giunto alla conclusione che non è necessario rinnegare nessuna delle mie nature, non il mio sangue Wen, non la mia appartenenza Lan. Posso essere entrambe le cose, senza che questo sia necessariamente una contraddizione.»
Jin Ling annuì piano.
«Sì, sono d’accordo.» disse cautamente. «Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti, non hai che da chiedere.»
«Una cosa in effetti ci sarebbe.» disse SiZhui, sentendosi improvvisamente fuori luogo. Forse non era una buona idea, ma ormai aveva iniziato il discorso e non poteva tirarsi indietro. «Ricordi quella veste che abbiamo visto nella sala dei tesori? Ecco, volevo chiederti di…»
S’interruppe. No, non poteva farlo. Era uno schiaffo a tutte le vittime della guerra, a Jin Ling stesso.
Scosse la testa.
«No, lascia perdere. Non è nulla, fai finta che non abbia detto niente.»
Ma Jin Ling non era mai stato il tipo da lasciar cadere una questione senza prima chiarirla.
«Intendi la veste cerimoniale dei Wen? Cosa? Dimmi.» Non ricevendo risposta, insistette: «Non ti giudicherò male qualunque cosa mi dirai, promesso. Non avere timore di parlare con me di questo.»
SiZhui prese un respiro e si fece coraggio.
«Volevo chiederti se potessi… indossarla.» mormorò, pronunciando l’ultima parola con un filo di voce.
Jin Ling lo fissò con espressione stupefatta, rimanendo immobile per un attimo, poi balzò in piedi e lo afferrò per un braccio, facendolo alzare.
«Sì!» esclamò. «Sì, sì, certo! Perchè non ci ho pensato prima? Andiamo subito!»
Tutto quell’entusiasmo spiazzò SiZhui, che si era aspettato tutt’altra reazione, ma lo seguì comunque fino allo specchio di rame e alla sala dei tesori.
Ed eccola lì, la veste più bella che avesse mai visto, con il suo broccato rosso e bianco, i suoi ricami dorati e le sue pietre preziose. I piccoli soli che decoravano lo scollo sembravano ancora più luminosi dell’ultima volta che li aveva visti.
Jin Ling non attese oltre e aprì la teca che la conteneva, sfilandola dal manichino.
«Andiamo nelle mie stanze, lì non ci disturberà nessuno.» disse.
Sembrava impaziente e SiZhui si chiese, per un attimo, se avesse davvero compreso il significato di quel gesto. Un istante dopo si diede dello sciocco: certo che Jin Ling lo sapeva, probabilmente non c’era nessuno più consapevole di lui di cosa stesse succedendo.
Quando raggiunsero gli alloggi privati del capoclan e furono certi che nessuno li avrebbe interrotti, Jin Ling gli porse la veste e gli indicò un paravento su un lato della stanza.
«Puoi cambiarti lì, se vuoi.» disse.
SiZhui annuì ma, prima di procedere, rimase immobile per un attimo accarezzando il tessuto morbido. Chissà a chi era appartenuta? Data l’eccellente fattura doveva trattarsi di qualcuno di alto rango, forse della famiglia di Wen Ruohan, magari addirittura uno dei suoi figli. Immaginò Wen Chao, colui che aveva gettato suo padre nei Monti dei Sepolcri, sfoggiare quel capo raffinato e un piccolo brivido lo percorse. Non poteva saperlo, magari si trattava di qualcuno appartenente alla famiglia di suo zio Ning, non doveva essere per forza appartenuta a qualcuno di crudele.
«Va tutto bene?» si preoccupò Jin Ling, notando il suo tentennamento.
«Sì, scusami. È solo che… beh… forse sono un po’ troppo emotivo.»
Tentò di scherzarci sopra, ma Jin Ling gli accarezzò una guancia, gentilmente.
«Prenditi tutto il tempo che vuoi, non c’è nessuna fretta.»
E SiZhui se lo concesse. Si permise di far scivolare la stoffa morbida tra le mani, di lasciar scorrere le dita tra le catenelle dorate a cui erano appesi i piccoli soli tintinnanti, di seguire con un dito i contorni delle fiamme scarlatte intessute sulle maniche. Quando sentì di aver recuperato la calma di cui aveva bisogno, si avviò dietro il paravento per cambiarsi.
Mentre lasciava che la stoffa gli scivolasse sulla pelle, fu come se i ricordi del passato lo avvolgessero e una nostalgia struggente s’impossessasse di lui.
Quando uscì da dietro il paravento, vestito di tutto punto, con le catenelle d’oro che tintinnavano sul petto e le lunghe maniche che gli fasciavano le braccia come ali candide, vide l’espressione di Jin Ling illuminarsi.
«Wow…» commentò, ammirato. «È davvero come il sole.»
SiZhui abbassò lo sguardo e accarezzò con la punta delle dita il broccato prezioso. Non sapeva come sentirsi e la commozione stava prendendo il sopravvento.
«Un sole che meritava di tramontare.» mormorò, consapevole più che mai della posizione in cui si trovava.
I ricordi si rincorrevano nella sua mente: le persone intorno a lui che correvano e urlavano ordini concitati, la frusta che schioccava, la pioggia e il freddo di un luogo senza riparo, una figura alta e scura, avvolta da un’aura sanguigna, che gli aveva fatto paura ma che l’aveva portato al coperto. Qing-jiejie, Ning-gege, la nonna che lo stringeva e lo cullava e quella figura oscura che rideva con lui, giocava con lui, lo portava al mercato e gli preparava da mangiare piatti troppo piccanti. Xian-gege. Baba…
SiZhui si rese conto delle lacrime che gli scivolavano sulle guance solo quando Jin Ling gliele asciugò con carezze leggere.
«Ehi… volevo dire che tu sei davvero come il sole.» mormorò. «Ti sta d’incanto.»
Si alzò sulla punta dei piedi e gli posò un bacio sulla guancia.
«Stai bene?»
SiZhui annuì, sicuro che se avesse parlato la sua voce si sarebbe spezzata.
«Sei un Lan, ma sei anche un Wen. Rappresenti il meglio di entrambe le casate e penso che non ci sia nulla di male a voler onorare la propria famiglia.» continuò Jin Ling. «Sei tu stesso la prova vivente che quel circolo di morte e di odio è finito.»
Forse era vero, forse Jin Ling aveva ragione. Sarebbe rimasta la nostalgia e il senso di perdita, ma una tragedia come quella passata non si sarebbe mai più ripetuta. Lui era sopravvissuto per quello.
«A-Yuan… tienila tu.» disse ad un tratto Jin Ling.
SiZhui lo fissò stranito.
«La veste. Tienila tu. Appartiene più a te che a me, in fondo. È una tua eredità. Portala ai Meandri delle Nuvole o a Qishan, dove pensi sia meglio.»
«Cosa? No, io… è troppo preziosa, non posso accettare!» protestò SiZhui, colto alla sprovvista. «Non è per questo che ti ho chiesto di indossarla.»
«Lo so, ma sento che è giusto così. Sono certo che anche gli spiriti dei tuoi antenati sarebbero d’accordo.»
SiZhui, ancora commosso, annuì.
«Grazie. Non potrò mai ripagarti.»
Si chinò in avanti e posò un bacio leggero sulle labbra del fidanzato.
«Non pensare nemmeno di farlo!» esclamò Jin Ling, che tuttavia si guardò bene dal tirarsi indietro.
SiZhui fissò il proprio riflesso nello specchio d’argento che si trovava sull’altro lato della stanza. Non sembrava nemmeno sé stesso senza la veste bianca caratteristica dei Lan e il nastro frontale ricamato con le nuvole creava un contrasto stridente con il rosso del tessuto. Improvvisamente sentì la necessità impellente di liberarsene.
«Mi aiuteresti a toglierla?» chiese. «Non vorrei rovinarla, facendo da solo.»
Jin Ling lo fissò a occhi sgranati per un attimo, prima che le sue guance s’imporporassero. Un sorrisetto birichino si disegnò sulle sue labbra e la tensione si stemperò.
«Ti ricordo che siamo nella mia camera da letto.» disse. «Lan Yuan, mi stai davvero chiedendo di toglierti i vestiti?»
E SiZhui arrossì a sua volta, imbarazzato, lasciandosi andare, finalmente, a una risata liberatoria.

Power of Dreams

"Posso accettare di pentirmi di aver seguito un sogno che non sono riuscito a realizzare, ma non voglio pentirmi di aver rinunciato a inseguirlo."

Takagi "Shujin" Akito

June 2025

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