Scintilla tra le nevi (cap. 3)
Apr. 27th, 2025 10:44 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Scintilla tra le nevi
Fandom: Mo Dao Zu Shi
Rating: safe
Personaggi: Jin Guangyao, Lan Xichen, Lan Wangji, Wei Wuxian
Pairings: XiYao ,WangXian
Word count: 4446Con il sopraggiungere di Jiang Cheng la situazione si era fatta ancora più tesa. L’erede del casato Jiang sembrava sul punto di mettere le mani addosso al suo shixiong e che a trattenerlo fosse solo la presenza dei due Lan.
Yao, dal canto suo, avrebbe preferito che non venisse coinvolto: meno persone erano al corrente del problema e più possibilità avevano di risolverlo senza conseguenze.
«Fammi capire.» stava dicendo in quel momento Jiang Cheng, con espressione minacciosa. «Una dei capoclan più importanti ti ha chiesto come favore personale di badare a suo nipote per poche ore e tu te lo sei perso?!»
Wei Wuxian aprì la bocca per ribattere, ma l’altro continuò imperterrito, questa volta rivolto verso Yao.
«E tu hai perso mio nipote?! Perchè eravate tutti impegnati a farvi gli occhi dolci a vicenda?»
A quelle parole Lan Xichen s’irrigidì, Lan Wangji fece un passo avanti e Yao tentò di intervenire.
«Non è andata esattamente…»
«Nessuno stava facendo gli occhi dolci a nessuno! Che sciocchezze!» lo interruppe Wei Wuxian. «Se l’apporto che puoi dare è solo quello di rivolgere parole offensive a chi ci sta ospitando e ai nostri illustri vicini, forse è meglio se torni alla conferenza, Jiang Cheng.»
A quelle parole, il giovane Jiang gonfiò le guance, l’immagine stessa dell’onore oltraggiato.
«Certo.» ribatté, pungente. «Non vorrei mai che qualcuno pensasse che sono andato a divertirmi piuttosto che presenziare.»
Il suo sguardo saettò sui due fratelli Lan, soffermandosi in particolare su Lan Wangji, che ricambiò l’occhiata carica di astio senza scomporsi.
Yao rimase a fissarli per un attimo, confrontando la scena che gli si parava davanti con il rapporto che aveva con suo fratello. Zixuan non lo aveva mai maltrattato né rimproverato tanto aspramente, ma non era nemmeno mai stato così diretto nei suoi confronti. I loro scambi erano sempre molto civili e a tratti impacciati da parte del maggiore, che appariva sempre in qualche modo a disagio nei suoi confronti. Eppure, nonostante i due di fronte a lui stessero praticamente litigando, si ritrovò a provare invidia verso di loro.
«Pensa a jie!» esclamò ancora Jiang Cheng. «Si preoccuperà a morte! Hai perso il suo bambino!»
«Non sono io che ho perso A-Ling!» lo rimbeccò Wei Wuxian, che ormai sembrava più concentrato a chiarire il suo punto di vista che sull’effettivo problema.
Yao si schiarì la voce nel tentativo di attirare l’attenzione.
«Perdonate se vi interrompo ma forse sarebbe più costruttivo lasciare questa diatriba per un secondo momento e focalizzarci sul ritrovare i bambini.»
Nessuno dei due parve dargli retta.
Yao lanciò un’occhiata disperata a Lan Xichen, che scosse la testa.
«Discutere non serve a niente, iniziamo ad avviarci, ci seguiranno quando avranno finito.» fu la risposta.
Anche Lan Wangji doveva aver deciso che ne aveva abbastanza, perché si fece avanti appoggiando fermamente una mano sulla spalla di Wei Wuxian, richiamandolo all’ordine.
«Wei Ying.» disse, nel suo consueto tono basso e grave. «Non è il momento.»
Bastò questo perché l’altro smettesse all’istante di recriminare.
«Lan Zhan ha ragione, non perdiamo altro tempo inutilmente.» dichiarò, e Jiang Cheng emise un ringhio frustrato.
Fu proprio in quel momento che sopraggiunse qualcuno che attirò la loro attenzione con un discreto colpo di tosse.
«Ehm, scusate… È successo qualcosa?» chiese Nie Huaisang, il volto per metà nascosto da un ventaglio e due bambini dallo sguardo curioso attaccati alle vesti.
Cinque paia di occhi sgranati si voltarono verso di lui e un coro di esclamazioni lo accolse, riportando il caos sulla scena.
Risultò che Huaisang aveva trovato i bambini sulla riva del lago delle ninfee mentre tornava dalla sua passeggiata in città e, vedendoli da soli, aveva pensato di riaccompagnarli alla residenza. I piccoli si erano semplicemente incontrati mentre si allontanavano dai rispettivi custodi con il medesimo intento di vedere i fiori. Tutto si risolse con un blando rimprovero verso i piccoli e un’aspra esclamazione di Jiang Cheng verso il suo shixiong.
«Jie non deve saperlo!» lo minacciò sventolandogli un dito sotto il naso.
«Ti ho già detto che io non c’entro nulla con A-Ling!» ribadì Wei Wuxian, cocciuto. «Piuttosto, Wen Qing non deve saperlo!»
Lan Wangji gli si avvicinò per mostrargli appoggio e tra lui e Jiang Cheng volarono scintille finché quest’ultimo non decise che ne aveva abbastanza, voltò le spalle a tutti e se ne andò.
Yao sentiva che gli era salito un gran mal di testa e voleva solo che quella gente rumorosa andasse a occuparsi delle proprie faccende altrove. Quando però sentì le dita leggere di Xichen sfiorargli un braccio e vide il sorriso sollevato che l’altro gli rivolgeva, anche quel fastidio finì per attenuarsi. Prese in braccio Jin Ling, si congedò con un inchino e si avviò verso i compiti che ancora lo attendevano. Inaspettatamente Lan Xichen gli si affiancò.
Avrebbe potuto fargli notare che la conferenza era ancora in corso e che né lui né suo fratello vi avevano preso parte, che probabilmente erano attesi e la loro assenza aveva scatenato diversi malumori. Ma poi si disse che di certo l’altro ne era consapevole e che lui non era nessuno per dire all’erede di un clan cosa doveva fare.
Sorrise debolmente e rimase in silenzio.
Il giorno successivo l’incontro per la conferenza si svolse la mattina.
Yao era stato incaricato di approntare la sala principale nel migliore dei modi e anche di assicurarsi che ogni ospite fosse presente. Non potendo presentarsi personalmente negli alloggi di ogni delegazione, aveva fatto in modo che i domestici incaricati di prendersi cura degli ospiti facessero rapporto direttamente a lui, dopo essersi assicurati che la persona accudita si fosse effettivamente recata al ritrovo. In questo modo non ci sarebbero stati fraintendimenti, passeggiate in città e defezioni dell’ultimo momento. Probabilmente alcuni dei presenti non avrebbero gradito, ma suo padre gli aveva chiarito che se ci fossero stati altri intoppi ne avrebbe risposto personalmente, quindi non aveva avuto alternative.
Inoltre tra il personale avevano iniziato a circolare voci riguardanti i fratelli Lan e la loro assenza del giorno precedente. Si diceva che i capiclan Wen e Nie fossero oltremodo irritati, ma che nessuno, nemmeno il capoclan Jin, avesse ricevuto una giustificazione riguardo quel comportamento. Yao era grato del fatto che avessero mantenuto il segreto riguardo l’effettivo problema con i piccoli eredi, ma sperava che questo non si ripercuotesse sulla loro reputazione.
Fortunatamente l’incontro di quel giorno si svolse senza imprevisti e vennero raggiunti anche accordi che confermavano e miglioravano i rapporti di alleanza tra i clan. Jin Guangshan ne fu molto soddisfatto, Wen Qing si disse sollevata e persino Nie Mingjue non ebbe nulla da ridire. I pochi domestici presenti raccontarono che i Lan erano stati impeccabili, come al solito, e che anche l’erede dei Jiang aveva tenuto un comportamento estremamente dignitoso. L’unico che era apparso insofferente era stato Wei Wuxian, ma di questo Yao non si stupiva affatto né, decise, era compito suo preoccuparsene.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando, terminati i suoi compiti, si concesse una tazza di tè in una delle salette private che normalmente non usava mai nessuno. Seduto al basso tavolino, respirò l’aroma dolce della bevanda e lasciò che le sue spalle si rilassassero: per quel giorno il suo lavoro era finito e poteva prendersi un attimo di pausa.
Aveva appena socchiuso gli occhi per assaporare il momento di silenzio, che il fruscio del pannello scorrevole glieli fece riaprire di scatto, inducendolo a balzare in piedi.
«Zewu-jun!» esclamò, quando riconobbe l’uomo sulla porta.
Immediatamente portò le braccia davanti a sé per inchinarsi, ma Lan Xichen mosse un passo avanti per bloccare il gesto a metà.
«Non è necessario.» disse, con un sorriso.
Yao non capiva perché si trovasse lì, se lo avesse cercato di proposito o se invece volesse solo un luogo tranquillo in cui riposare. In quel caso lui sarebbe stato di troppo.
«Posso esserti utile in qualche modo?» si azzardò a chiedere. «O se preferisci posso andarmene, non voglio esserti di disturbo.»
Lan Xichen scosse la testa.
«Non lo saresti mai.» disse. «Anzi, perdonami per essere venuto a turbare il tuo momento di pace. In realtà mi chiedevo se potessi essere io a rendermi utile in qualcosa. Vorrei sdebitarmi per l’aiuto che mi hai dato quella volta, dopo la caccia notturna. E anche scusarmi per quanto accaduto ieri, in parte è anche colpa mia.»
Yao rimase senza parole: non si sarebbe mai aspettato una proposta del genere, né aveva idea di cosa avrebbe dovuto rispondere.
«Non c’è niente di cui scusarsi o sdebitarsi.» disse infine. «Quello che è accaduto ieri è interamente una mia responsabilità, mentre alla caccia notturna il minimo che potessi fare era tentare di essere d’aiuto visto che ti sei ferito per colpa mia. Non l’ho fatto con l’intento di ottenere qualcosa in cambio.»
Lan Xichen però aveva un’espressione decisa.
«So che non avevi quell’intento, ma vorrei che mi permettessi comunque di fare qualcosa per te. Non sono una persona abile come te nella diplomazia, ma me la cavo con la musica. Ricordo che quando studiavi ai Meandri delle Nuvole ti piaceva suonare il guqin.»
Sentire l’erede di una casata come i Lan definirsi poco abile nella diplomazia e appena accettabile nella musica era qualcosa che Yao non avrebbe tollerato ed era stato sul punto di protestare quando Xichen aveva nominato le lezioni di guqin. Quel pensiero gli riportava alla mente situazioni che, in quel momento, avrebbero fatto meglio a rimanere chiuse nel cassetto dei ricordi.
«Posso insegnarti come una volta, se vuoi.» disse ancora Xichen, e Yao non se la sentì di declinare l’invito. Probabilmente era qualcosa di poco consono, data la sua posizione, ma non aveva altri impegni per la giornata e sarebbe stato scortese continuare a opporre un rifiuto al desiderio di un ospite così importante. Si disse che quella poteva essere una giustificazione sufficiente.
Si spostarono nella sala della musica, in un padiglione riccamente decorato che Jin Guangshan teneva principalmente per impressionare ospiti e ambasciatori, visto che nessuno della sua famiglia era un musicista. Gli strumenti che vi erano esposti erano di foggia invidiabile e Yao scelse per Xichen quello decorato nel modo più elegante. Ne stava prendendo uno più semplice per sé, quando l’altro allungò una mano nella sua direzione.
«Lascia che ti guidi.» disse, con un sorriso gentile. «È il modo migliore per imparare.»
Yao tentennò solo per un attimo, poi si sedette accanto a lui. Si sforzò di mantenere una postura composta e non mostrare quanto il suo cuore si fosse messo a battere velocemente. Aveva già vissuto una scena simile e non poteva permettersi di…
Dita calde che si strinsero sulle sue sparpagliarono i suoi pensieri.
«Quando eri a Gusu, studiavamo insieme Inchiesta.» disse Xichen, il tono di voce basso e morbido. «La prima nota era questa.»
Prese la sua mano e la posò sulla corda indicata.
«Poi questa.»
Spostò la seconda mano lungo un’altra corda, pizzicandola dolcemente.
Yao si chiese perché si era privato di tutto questo. Perché non aveva semplicemente lasciato che entrambi seguissero il proprio cuore.
Presto si trovò avvolto tra le braccia di Xichen, mentre questi gli mostrava le note successive.
Era un abbraccio confortevole, che lo faceva sentire bene, ma, allo stesso tempo, lo rendeva fin troppo consapevole di quello che non avrebbe mai avuto.
Quella volta, anni prima, ai Meandri delle Nuvole, aveva percepito chiaramente l’attrazione e l’affetto che Xichen provava per lui e, per un attimo, si era permesso di indulgere in quel piccolo sogno. La doccia fredda di realtà era giunta fin troppo in fretta. La morte della madre delle Giade Gemelle era passata in sordina, ma Yao aveva capito subito cosa questo significasse. Non era mai stato chiarito di quali crimini la donna fosse accusata e perchè fosse stata costretta a vivere in isolamento fino a consumarsi completamente, ma era chiaro che tipo di provvedimenti gli anziani del clan avrebbero preso verso chi trasgrediva le loro sacre regole. Se avesse lasciato che quel sentimento che li univa sbocciasse alla luce del sole, avrebbe distrutto la vita di Xichen. In quanto erede del casato, avrebbe dovuto essere impeccabile e un legame con un altro uomo, per quanto appartenente a una famiglia altrettanto nobile, non sarebbe stato tollerato. Anzi, avrebbe trascinato nel fango entrambi i clan. Xichen rischiava di essere rinchiuso come sua madre e lui avrebbe patito qualsiasi ripercussione suo padre avrebbe potuto escogitare per lenire la propria reputazione ferita. Nessuno ne sarebbe uscito illeso.
Per questo aveva preferito approfittare del periodo di lutto per allontanarsi discretamente senza dare spiegazioni, fiducioso che quell’infatuazione si sarebbe spenta con il passare della giovinezza.
Non si era mai sbagliato tanto.
Xichen abitava ancora i suoi sogni e, per un breve istante, aveva abitato anche la sua realtà, in quei pochi giorni lontano da tutto di cui nessuno sapeva nulla. Avrebbe portato quei momenti nel cuore per sempre, ma non era così egoista da provocare consapevolmente la caduta della persona che amava.
Le mani di Xichen erano ancora posate sulle sue, le dita intrecciate sopra le corde del guqin.
La sua voce suonò delicata al suo orecchio.
«A-Yao…»
Si azzardò a voltarsi e scoprì che lo stava fissando. I suoi occhi scuri erano carichi di dolcezza e Yao dovette farsi forza per non cedere immediatamente.
«Xichen-ge.» disse, mentre la sua stessa voce gli sembrò troppo roca e incerta. «Le tue lezioni sono esaustive come sempre.»
Un’espressione confusa attraversò il volto dell’altro, che allontanò le mani dalle corde.
Yao ne approfittò per scivolare di lato, rimpiangendo immediatamente il calore delle sue braccia.
«Mi eserciterò sullo spartito e farò in modo di imparare la melodia come si deve così che la tua gentilezza non vada sprecata.»
Xichen fece per ribattere, ma Yao si sollevò sulle ginocchia, stese le braccia davanti a sé e s’inchinò.
«Ti porgo i miei più sentiti ringraziamenti.»
A quel punto Lan Xichen si alzò a sua volta e sulle sue labbra aleggiò un pallido sorriso.
«Sono io che ti ringrazio per avermi dato la possibilità di saldare almeno in parte il mio debito.» disse. «Spero che avremo l’occasione di suonare di nuovo insieme.»
«Sarebbe un onore per me.» rispose Yao.
Xichen non staccava gli occhi da lui ma, davanti a quello che era chiaramente un commiato, non poté far altro che chinare appena il capo in segno di saluto e lasciare la stanza.
Yao trasse un profondo sospiro e si appoggiò con la schiena alla parete.
Perché era così difficile? Perché non riusciva semplicemente a dirgli che non potevano più vedersi? Era così debole che si vergognava di sè stesso.
Mentre stava riponendo lo strumento e già assaporava la calma della propria stanza, dove avrebbe potuto crogiolarsi per un po’ nella solitudine prima del banchetto serale, sentì il pannello della porta scorrere e dei passi discreti farsi avanti.
«A-Yao.» lo chiamò una voce gentile e, quando alzò gli occhi, incontrò lo sguardo preoccupato di Jiang Yanli.
Per un attimo s’irrigidì al pensiero che avesse scoperto quanto accaduto il giorno prima e che fosse venuta a rimproverarlo, ma qualcosa nella sua espressione gli disse subito che non era così. Yanli era sempre cortese con tutti, ma con lui era particolarmente dolce e anche in quel momento lo stava guardando in quel modo, come fosse dispiaciuta per lui.
«Posso aiutarti, Yanli-jie?» chiese quindi, con un lieve inchino.
«In realtà pensavo di essere io a offrirti il mio aiuto.» disse lei, con una leggera nota di imbarazzo nella voce. «Perdonami se sono invadente, ma ho notato che in questi giorni sei pensieroso e sembri giù di corda. All’inizio pensavo che fosse perché il capoclan ti fa lavorare troppo, ma poi mi sono resa conto che…»
«Che guardi Zewu-jun come un assetato fisserebbe una brocca d’acqua!» s’intromise una vocina vivace.
Jin Su spuntò alle spalle della cognata con un sorriso furbetto.
«A-Su!» la rimproverò lei, suo malgrado divertita. «Il piano era di usare discrezione.»
«Avevate un piano?» fece Yao, mentre il disagio si faceva strada dentro di lui.
Quella non era una cosa su cui le donne di casa avrebbero dovuto spettegolare. Se fosse arrivata alle orecchie del capoclan sarebbe stato un grosso problema per tutti, soprattutto per Xichen.
Yanli dovette notare il suo stato perché si affrettò a rassicurarlo.
«No, in realtà volevamo solo parlarti perchè sembravi non stare bene, non abbiamo fatto parola con nessuno dei nostri pensieri.»
Yao si era lasciato cadere su una panca, mentre sentiva l’improvvisa stanchezza del sollievo pervaderlo. Su si affrettò a sedersi accanto a lui.
«Siamo solo preoccupate per te, er-ge.» disse. «Nei romanzi d’amore ci sono sempre delle difficoltà da superare prima che i protagonisti possano stare insieme, e pensavo che fosse romantico, ma vederlo succedere davvero non mi piace. Non voglio che tu abbia sempre quell’espressione triste.»
Yao le appoggiò una mano sulla testa, in una carezza leggera, mentre si sforzava di sorridere.
«Queste non sono cose di cui dovresti preoccuparti alla tua età e ti ho già detto di non leggere i testi che porta Huaisang.»
Su accennò una risatina, ma non si scostò.
«Sono solo storielle, Sang-ge non mi porta niente di sconveniente. Dice sempre che quel genere di storie le tiene da parte per chi ne ha davvero bisogno.»
Yao annuì, suo malgrado consapevole che non avrebbe potuto impedire che la sorellina crescesse e venisse a conoscenza di certe cose, men che meno se il suo informatore era Nie Huaisang. Poteva solo sperare nel suo buonsenso.
«Io sto bene.» disse invece, rivolto a Yanli. «Non dovete preoccuparvi. Anzi, vi chiedo scusa se in qualche modo vi ho portate a stare in pena per me. Non ne avete motivo.»
L’espressione di Yanli si fece, al contrario, ancora più dispiaciuta.
«Capisco che tu non voglia confidarti con me, ma non devi tenerti tutto dentro. Voglio davvero esserti d’aiuto. Anche A-Xian una volta mi ha raccontato…»
«Yanli-jie.» la interruppe Yao che, con tutto l’affetto che provava per lei, non voleva sentirsi paragonato al suo shidi. «Davvero, sto bene. Qualsiasi cosa pensiate sia successa, vi posso assicurare che non è così, quindi non avete nulla di cui preoccuparvi.»
Si alzò, sperando così di sottintendere che il colloquio era giunto al termine. Yanli sospirò e annuì.
«D’accordo.» disse. «Ma voglio che tu sappia che sono dalla tua parte e che ti appoggerò sempre.»
Su la raggiunse e, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata carica di rimpianto, uscì con lei.
Yao attese che i passi si spegnessero in fondo al corridoio, poi lasciò a sua volta la sala della musica e si diresse al proprio alloggio. Avrebbe tanto voluto inventare una scusa qualunque e disertare il banchetto di quella sera.
Non voleva vedere più nessuno.
Quando raggiunse la propria stanza e si chiuse la porta alle spalle, finalmente sentì di potersi rilassare. Lungo la strada si era fermato a procurarsi l’acqua calda per un tè che sperava potesse aiutarlo a lenire il mal di testa. Si sarebbe preso un po’ di tempo per riposare prima di prepararsi per la serata. Alla fine il suo senso del dovere aveva prevalso e, in quanto supervisore dell’intera conferenza, aveva stabilito di non poter mancare. Questo però non gli impediva di prendersi un po’ di tempo per sé stesso in previsione della serata impegnativa.
Si liberò della sopraveste riccamente decorata e del copricapo che indossava sempre. Sciolse le trecce che vi erano annodate al di sotto e lasciò i lunghi capelli scuri liberi di ricadergli sulle spalle. Ora voleva solo bere il suo tè in tranquillità.
Un leggero bussare lo strappò da quell’intento e un sospiro di esasperazione gli sfuggì dalle labbra. Si buttò sulle spalle una veste da camera e si avviò ad aprire augurandosi che si trattasse di qualcosa di vitale importanza.
Jin Zixuan gli sorrise incerto dall’ingresso con un’espressione imbarazzata sul volto.
Era decisamente strano che suo fratello maggiore lo cercasse personalmente, quindi sulle prime Yao si allarmò.
«Xuan-ge, va tutto bene?» chiese, prima di ricordarsi di rivolgergli un saluto più rispettoso.
Zixuan agitò una mano a indicare che non era necessaria nessuna formalità.
«Ah… perdona l’intrusione.» iniziò, mentre il suo sguardo saettava ovunque tranne che sul volto di Yao. «A-Li… A-Li è molto preoccupata per te e ha insistito che venissi a parlarti. Dice che tra uomini possiamo intenderci meglio e che un bravo fratello dovrebbe offrire il suo aiuto.»
Yao desiderò che un abisso si aprisse sotto i suoi piedi e lo inghiottisse.
Perché improvvisamente tutti volevano essergli d’aiuto?
Tuttavia l’unica cosa che poteva fare per evitare che suo fratello si mettesse a fare discorsi imbarazzanti in corridoio, era invitarlo a entrare.
Lo fece accomodare al tavolo al centro della stanza e gli versò una tazza di tè.
«Mi dispiace che Yanli-jie si sia preoccupata, le avevo assicurato che non ne aveva motivo.» esordì, sperando che quella premessa semplificasse il colloquio.
«Mi ha detto che c’è una persona che tu… insomma, che vorresti… voglio dire…»
Zixuan trasse un profondo respiro e bevve un sorso di tè.
Yao si chiese perché sua cognata lo avesse mandato quando conosceva perfettamente le capacità espressive di suo marito riguardo alle questioni sentimentali. Questioni di cui, per altro, Yao aveva espressamente detto di non voler parlare.
«Che provi trasporto per una persona.» concluse finalmente Zixuan. «E volevo assicurarmi che tu, beh… sapessi come muoverti in un contesto del genere. Perché quando si tratta di approcciare una persona per cui provi… qualcosa… è bene sapere che…»
Yao tossicchiò discretamente.
«Xuan-ge, perdona la mia franchezza, ma ricordi chi ha scritto per te le lettere che scambiavi con Yanli-jie durante il fidanzamento?»
Zixuan arrossì appena, spostando lo sguardo di lato.
«Certo! Non intendevo dire che tu non fossi in grado…» esclamò nervosamente. «È solo che scrivere e avere a che fare direttamente con la persona è diverso. Ecco… servono degli accorgimenti che…»
Yao si sporse attraverso il tavolo e appoggiò una mano sul braccio del fratello maggiore.
«Non devi temere, ge. Non farò nulla di sconveniente o che possa mettere in imbarazzo nostro padre e il clan. Non si tratta di qualcosa che prenderà mai forma concreta.»
A quelle parole Zixuan sembrò riscuotersi dal suo stesso disagio e lo fissò dritto in faccia per la prima volta.
«Perchè dici così? Non ho mai pensato che potessi creare imbarazzo al clan, mi preoccupavo solo che non ti sentissi a tuo agio.» disse. «Sentirti parlare in questo modo mi porta a pensare che forse i tuoi sentimenti possano essere diretti a qualcuno che non li merita. O che non ti apprezza come dovrebbe.»
Yao si stupì di quel discorso, ma non che Zixuan non capisse. Dopotutto lui era il primogenito, l’erede designato del capoclan, tenuto in palmo di mano da tutti. Non avrebbe mai potuto immaginare che qualcuno potesse disdegnarlo.
Scosse piano la testa.
«Non è questo il motivo.» rispose. «Ti posso assicurare che questa persona è la più gentile e buona che conosca, non ha mai detto o fatto nulla che possa portarmi a considerarla meno che ammirevole. Semplicemente io non sono alla sua altezza e non voglio, per nessun motivo, che debba subire ripercussioni a causa della mia debolezza. Non lo merita e non potrei mai accettare che accadesse»
Zixuan bevve un altro sorso di tè e posò la tazza. Fissò Yao per un lungo momento e infine parlò.
«Ma, al di là di tutto questo, tu lo ami?»
A Yao non sfuggì l’uso del maschile e si chiese quanto suo fratello sapesse davvero e quanto questo potesse essere un pericolo.
«A-Yao.» insistette Zixuan. «So che sono la persona meno indicata a fare un discorso del genere, ma se tu lo ami, deve saperlo.»
«Lo sa.» pensò disperatamente Yao, desiderando poter nascondere la faccia tra le mani. «È proprio questo il problema.»
«Lan Xichen, lui…»
Yao si allungò attraverso il tavolo e coprì la bocca del fratello con una mano.
«Per quanto io possa adorare questa persona,» disse, calcando l’espressione neutra. «e per quanto lei possa provare interesse verso di me, non significa che tutto questo possa trovare una sua risoluzione. Ci sono troppi ostacoli.»
Zixuan si agitò sotto la sua mano e Yao lo lasciò andare, pregandolo con lo sguardo di non insistere.
«Però tu lo… tu ami questa persona e lei ama te, ed è folle pensare di non rivelarselo nemmeno perché nostro padre o suo zio o una massa di stupidi vecchi potrebbero pensare che non gli sta bene!»
L’enfasi delle parole di Zixuan commosse Yao, che dovette sforzarsi per trattenere una lacrima che pungeva all’angolo del suo occhio.
Spostò la mano che ancora teneva sul tavolo e strinse quella del fratello.
Le cose non erano così semplici, ma era bello sentire quell’appoggio.
«Grazie, Xuan-ge.» mormorò, mentre la morsa che gli stringeva il cuore si allentava almeno un poco. «È bello sapere che la pensi così e vorrei davvero che la situazione fosse più semplice. Ma purtroppo le cose stanno in questo modo e non c’è nulla che nessuno di noi possa fare. Siamo onesti, parlarne peggiorerebbe la situazione e renderebbe solo più chiaro quanto si tratti di un desiderio irrealizzabile. Non sono così egoista da scaricare addosso a un’altra persona questo peso solo perché lo voglio condividere.»
Vide Zixuan aprire la bocca per ribattere, ma lo interruppe.
«Va bene così. Non è grave, passerà.» gli assicurò, anche se sapeva perfettamente di mentire.
Suo fratello assunse un’espressione cocciuta.
«No che non va bene! Non posso starmene con le mani in mano sapendo che soffri.»
Era davvero come un bambino, si disse Yao sorridendo suo malgrado, che non si arrendeva finché non otteneva quello che voleva.
«Hai già fatto più di quanto necessario, parlare con te mi ha fatto bene. So che vorresti aiutarmi, ma non si tratta solo di me, quindi ti prego di non fare nulla e non parlarne più.»
Di fronte a quell’ennesima chiusura, Jin Zixuan finalmente si arrese e annuì.
«Sappi solo che A-Li e io ti vogliamo bene e ti appoggeremo sempre, didi.» disse, prima di alzarsi e congedarsi.
Quando il pannello scorrevole si chiuse, Yao sospirò e appoggiò la fronte sul legno lucido del tavolo.
Pochi giorni e la conferenza sarebbe finita. Pochi giorni e poi le occasioni di incontrare Xichen si sarebbero fatte talmente rare che avrebbe potuto fingere di dimenticare tutto. Gli altri non glielo avrebbero più ricordato e forse non si sarebbe più sentito una spina nel cuore.