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Titolo: Semplicemente irresistibile - Remake
Fandom: Tsubasa reservoire chronicle
Rating: safe
Personaggi: Fay Flourite, Yuui Flourite, Kurogane, Li Shaoron, Clamp cast
Pairings: Kurogane/Fay, Shaoron/Yuui
Note: Versione riveduta, corretta e prolungata della mia omonima fanfiction del 2010
Beta:
Word count: 4409
Fandom: Tsubasa reservoire chronicle
Rating: safe
Personaggi: Fay Flourite, Yuui Flourite, Kurogane, Li Shaoron, Clamp cast
Pairings: Kurogane/Fay, Shaoron/Yuui
Note: Versione riveduta, corretta e prolungata della mia omonima fanfiction del 2010
Word count: 4409
Cap. 4
Ferite - La verità alla fine di tutto
La settimana seguente il lavoro proseguì con i consueti alti e bassi di un locale problematico. Non erano ancora giunte notizie dall’affittuario ma entrambi i fratelli erano consapevoli che il tempo fosse ormai agli sgoccioli. Quando fosse giunto il momento di pagare una quota che non avevano la minima possibilità di raggiungere, tutto sarebbe finito. Fino ad allora però avrebbero continuato a lavorare come al solito, offrendo alla gente del quartiere pasti di ottima qualità.
Durante quei giorni, Shaoron si fece vivo spesso. A volte arrivava in orario di chiusura, altre volte durante la pausa pomeridiana e accettava volentieri il caffè o il dolce che Yuui gli offriva, restando a fargli compagnia mentre l’altro pranzava o puliva la cucina. Chiacchieravano di tutto e di niente, dalla giornata lavorativa alle rispettive famiglie. Yuui raccontava aneddoti divertenti su Fay o Watanuki e Shaoron ricambiava parlando del proprio fratello che studiava archeologia all’università. Fay, ormai deciso ad agevolare il più possibile la vita sentimentale del fratello, in quei momenti puntualmente spariva, inventandosi le scuse più assurde, dal rubinetto aperto al piano di sopra al dare da mangiare a un cane che non avevano. Shaoron ne rideva per qualche istante, poi le sue attenzioni si concentravano completamente sull’altro fratello, ed erano attenzioni decisamente dolci. Yuui aveva iniziato a farci l’abitudine e a trovarle piacevoli, non ne era più turbato e a volte addirittura cedeva alle sue avances. Il sentimento che stava nascendo in lui iniziava a mettere radici regalandogli una felicità inaspettata.
In netta contrapposizione a questo, Kurogane non si era più fatto vedere. A inizio settimana aveva mandato il suo apprendista, un giovanotto taciturno di nome Shizuka Doumeki, a raccogliere le ordinazioni, provocando l’irritazione di Watanuki, sua vecchia conoscenza, e lo sconforto di Fay. Yuui avrebbe voluto consolare il fratello, rassicurarlo dicendogli che sicuramente Kurogane si sarebbe fatto vivo il giovedì per le consegne, ma il chiasso provocato dall’assistente aveva reso impossibile avere un minimo di privacy. Fay gli aveva mandato dei messaggi e aveva provato a telefonargli più volte, ma non aveva mai ricevuto risposta, finendo per demoralizzarsi.
Purtroppo le speranze di entrambi si rivelarono vane e nemmeno il giovedì Kurogane si presentò al ristorante. Quando Doumeki terminò di scaricare le casse di frutta e verdura, Yuui lasciò il fratello e Watanuki a sistemare la dispensa e gli offrì premurosamente una tazza di caffè con una fetta di torta al cioccolato e lamponi preparata appositamente quella mattina.
«Se deve chiedermi qualcosa, faccia pure.» disse il ragazzo, più intuitivo di quello che poteva sembrare, non disdegnando comunque la bevanda e il dolce.
Yuui tentennò per un attimo, poi finalmente diede voce ai suoi dubbi.
«Kurogane-san sta bene?»
Doumeki masticò in silenzio per qualche istante, poi tornò a rivolgersi al padrone del locale.
«Non è malato, se è questo che intende.» rispose. «Però non si può dire che stia bene. È piuttosto giù di morale, ultimamente.»
Yuui annuì, mesto: proprio come Fay. Quei due non potevano continuare così: se si trattava di un equivoco dovevano chiarirsi il più presto possibile. Restare separati con quell’incomprensione che aleggiava tra loro stava facendo del male a entrambi.
«Doumeki-kun, ascolta, ho un favore da chiederti.» disse mentre un’idea un po’ balzana gli balenava in mente. «Se mi aiuterai, ti offrirò il più delizioso dei pranzi.»
Doumeki lo fissò subito con interesse.
In quel momento il fratello e l’assistente fecero ritorno in cucina e gli ultimi tasselli del piano di Yuui andarono al loro posto.
«E siccome sarò occupato con le ordinazioni dei clienti, lo preparerà Watanuki-kun!» concluse, provocando uno strillo indignato da parte del suo aiutante.
Pienamente soddisfatto, Doumeki sogghignò e annuì.
Quando era uscito di casa cadeva una leggera pioggerellina, ma nel tempo impiegato a raggiungere il negozio di frutta e verdura di Kurogane si era trasformata in un acquazzone e Fay, ovviamente, non aveva l’ombrello. Non aveva avuto nemmeno il tempo di pensarci perché Yuui lo aveva letteralmente spinto fuori con ben poche spiegazioni. Qualcosa di molto confuso riguardo al fatto che Doumeki non poteva rientrare per motivi che aveva capito solo riguardare un pranzo preparato da Watanuki. Kurogane però aveva bisogno del suo furgone quindi qualcuno doveva riportarglielo e Yuui, ovviamente, non poteva lasciare il ristorante. Sospettava che il fratello gli avesse appena fabbricato un’occasione per parlare con il suo amato e di questo gli era davvero grato, nonostante non potesse negare il nodo che gli stringeva lo stomaco in quel momento.
Parcheggiò il furgone verde davanti al negozio e tergiversò per alcuni minuti picchiettando con le dita nervose sul volante, lo sguardo fisso sull’ingresso. Alla fine dopo un respiro profondo, si fece coraggio e aprì lo sportello. Non appena mise piede a terra la pioggia lo inzuppò da capo a piedi a dispetto della giacca invernale, facendolo rabbrividire e mettendo a dura prova il suo già fin troppo maltrattato umore.
Quando varcò la soglia la prima cosa che lo investì fu la voce di Kurogane.
«Doumeki! Si può sapere cosa stavi facendo?!» tuonò. «Dormivi al volante?!»
Fay stirò le labbra in un sorriso impacciato.
«Ehm… non sono Doumeki-kun, mi dispiace.» disse. «C’è stato un problema e… eccomi qui.»
Kurogane gli lanciò un’occhiata obliqua a dissimulare la propria sorpresa.
«Tu.» brontolò mentre la sua espressione, se possibile, si incupiva ancora di più.
Il sorrisetto forzato di Fay svanì mentre si limitava ad annuire. Come gli sembravano lontani i momenti in cui rideva prendendo in giro Kurogane e quanto improbabile gli appariva ora quel bacio scambiato solo una settimana prima. Forse non era stata una buona idea presentarsi per parlare con qualcuno che chiaramente non aveva la minima intenzione di farlo.
«Allora? Hai intenzione di rimanere a fissarti le scarpe per tutto il giorno?» fece Kurogane, strappandolo dalle sue deprimenti elucubrazioni.
Fay alzò la testa, stupito.
«No! Cioè, io…» balbettò confuso.
Il fruttivendolo gli tolse di mano le chiavi del furgone e le ripose in un cassetto del bancone. Poi gli lanciò un asciugamano, per tamponare almeno in parte i capelli gocciolanti.
«Per qualche arcano motivo il mio dipendente non sembra intenzionato a rientrare, quindi avrò bisogno di qualcuno che mi dia una mano.» disse mantenendo il consueto tono di voce burbero, ma che alle orecchie di Fay suonava come una musica. «Con quel braccio non puoi certo metterti a spostare casse di merce, quindi occupati dei clienti e della cassa.»
«Kuro-pon, senti, io…» iniziò titubante.
«I pomodori devono essere spostati, così in fondo non sono abbastanza in vista.» lo interruppe Kurogane. «Poi bisogna esporre le zucchine e la lattuga prima che appassisca. C’è un sacco da fare prima che consegnino le nuove casse di frutta domattina quindi fa’ come ti ho detto e lasciami lavorare.»
Fay, ancora un po’ spiazzato dalla situazione e da quell’ordine, si affrettò a ubbidire.
Per buona parte del pomeriggio, Kurogane spostò casse e scatoloni, impedendogli di intavolare qualunque discorso. Nonostante questo Fay non mancava mai di rivolgere un sorriso e una parola gentile a ogni cliente che entrava. Addirittura una ragazza, che riconobbe come la ricciolina che era stata al ristorante con Tomoyo, lodò Kurogane per la scelta di un nuovo assistente così simpatico e carino.
«Non è affatto il mio assistente, Himawari.» brontolò l’interessato con aria tutto sommato imbarazzata. «Impazzirei se lavorasse qui.»
«Oh, allora è il suo ragazzo?» chiese la fanciulla, giuliva. «State così bene insieme!»
A quelle parole Kurogane distolse lo sguardo e Fay si affrettò a intervenire prima che quella povera ragazzina finisse sbranata.
«Oh, no!» esclamò, stampandosi in faccia il suo sorriso professionale. «Sono solo un conoscente capitato qui per caso a dare una mano. Grazie per i complimenti, comunque!»
Himawari se ne andò con l’aria di chi aveva capito che c’era qualcosa sotto e Fay, per evitare lo sguardo indagatore del suo principale provvisorio, si affrettò a tornare dietro il bancone con la scusa di sistemare una cesta di insalata.
«E così saresti solo un conoscente.» disse Kurogane dopo un lungo silenzio, che aveva avuto come conseguenza quella di vedere gli innocenti cespi ridotti a brandelli. Non potendo più infierire sugli ortaggi, sotto lo sguardo accusatore dell’uomo, Fay si torse le mani.
«Volevo evitare di metterti in imbarazzo.» si giustificò, tenendo gli occhi bassi.
«Come se m’importasse qualcosa di quello che pensano gli altri.»
Fay emise una risatina nervosa.
«Non c’è proprio niente da ridere in tutto questo.»
Fay incassò il rimprovero e si zittì. Era andato lì per chiedere e dare spiegazioni ma ora non riusciva nemmeno a parlare normalmente, sembrava che ogni cosa che dicesse fosse sbagliata.
«Non riesco a capire cosa ti passi per la testa!» sbottò improvvisamente Kurogane, picchiando sul bancone un pugno che lo fece sussultare e ritrarre istintivamente.
Fay rimase a fissarlo in silenzio, incapace di ribattere alcunché: era ovvio che Kurogane fosse furioso, non aveva scusanti per la situazione che aveva provocato con le sue mani e da cui si era anche fatto salvare.
«Non ho mai provato tanta rabbia in vita mia. E tanta paura.» continuò l’uomo distogliendo lo sguardo. «Quando ho visto che quel tipo ti aveva aggredito, che stavi sanguinando, non ho capito più niente. Volevo solo prenderlo a calci e allontanarlo il più possibile da te. Ma tu poi ha iniziato a giustificarlo.»
Fay avanzò di qualche passo, sollevando una mano per sfiorare la sua, ancora chiusa a pugno sul bancone.
«Ti sei messo in mezzo, sei stato ferito e ancora dicevi che quello era una brava persona. Come se la tua incolumità non avesse alcun peso. E non dire che non ci avevi pensato.» continuò Kurgane, con voce bassa e cupa.
Fay ritrasse la mano.
«Ho davvero agito d’istinto perché non volevo che qualcuno si facesse male, ma la verità è che avevo pensato che non avrebbe avuto importanza se quello che si fosse fatto male fossi stato io.» ammise. «Se Ashura-sensei avesse colpito me, invece di Shashi-san, io non l’avrei denunciato e lui non sarebbe finito in galera. Perchè non lo merita, Kuro-chan, è davvero una brava persona.»
Kurogane sembrava ancora più furibondo.
«Lo so che sembra assurdo, ma gli devo tantissimo. Non potevo vederlo rovinarsi la vita per…»
Fay s’interruppe. Non poteva dire che era colpa del suo desiderio, né tantomeno che fosse per via dello stato d’animo di Yuui.
«Non lo so, per uno scatto di follia.» concluse.
Kurogane non avrebbe mai capito finchè non gli avesse spiegato perchè teneva tanto ad Ashura-sensei, quindi tanto valeva vuotare il sacco.
«Ok, partiamo dall’inizio. Yuui-chan e io siamo frutto di una relazione extraconiugale di nostro padre, per questo quando lui e nostra madre, Freya Flourite, sono morti in un incidente, nessuno di quel ramo della famiglia era disposto a occuparsi di noi.»
Era una storia vecchia che, per quanto triste, ormai non provava quasi più nulla a raccontare. Non sapeva nulla né gli importava della famiglia di suo padre, non avendola mai conosciuta non ne sentiva la mancanza.
Kurogane lo scrutava intensamente, di certo chiedendosi dove avesse intenzione di andare a parare.
«Yuui-chan e io siamo stati affidati alla sorella gemella di nostra madre, zia Erda, che gestiva la “Corte di Valeria”. Siamo cresciuti lì, per questo il ristorante è tanto importante, è l’unica vera casa che abbiamo mai avuto. Zia Erda però, anche con tutto l’impegno che ci metteva, non ce la faceva a mandare avanti il locale e allo stesso tempo a badare a due bambini. Ci ha tirato su come meglio poteva finchè non siamo andati alle superiori. Yuui-chan l’adorava, voleva seguire le sue orme, quindi si era iscritto a dei corsi speciali di cucina, che gli sono valsi una borsa di studio all’estero, in Italia. Zia Erda era così felice del suo successo! Triste che dovesse partire ma molto orgogliosa di lui. In realtà credo che fosse in qualche modo anche sollevata di avere uno in meno di noi due a cui badare e ripensandoci ora non me la sento di darle torto. Io però all’epoca non la presi bene. Davanti a Yuui-chan mi mostravo felice ma in realtà mi sentivo lasciato indietro, abbandonato. Yuui-chan è stato via per anni, dopo la scuola si era anche trovato un lavoro come aiuto chef in un ristorante stellato, era davvero in gamba. Io invece sono rimasto qui e mi sentivo inutile. Non ero alla sua altezza, non c’era nessuno che mi potesse seguire come un adolescente aveva bisogno di essere seguito e, beh, ho rischiato di finire in giri diciamo strani. Conosci i Vision, immagino.»
Kurogane affilò lo sguardo: chiunque nel circondario conosceva la famiglia che dominava la malavita cittadina ed era ben noto cosa succedeva ai ragazzini di bell’aspetto che finivano invischiati con loro.
«Ti hanno fatto qualcosa?» chiese, fosco.
«No! No.» si affrettò a precisare Fay. «Sono stato fortunato. Perché proprio quando ero stato convinto da uno dei loro scagnozzi a seguirlo in un locale con la prospettiva di un guadagno interessante, ho incontrato Ashura-sensei. Mi ha riconosciuto per caso e, con una scusa, mi ha sfilato dal vespaio in cui mi stavo infilando. Era uno dei miei professori, ma a quel tempo frequentavo così poco le lezioni che nemmeno me lo ricordavo. Mi ha fatto una bella ramanzina sui pericoli della strada, mi ha convinto a tornare a scuola e mi ha preso sotto la sua ala. Zia Erda non ha mai saputo niente di questa brutta avventura e nemmeno Yuui-chan, per fortuna. Ashura-sensei mi ha salvato dal più grande errore della mia vita ed è stato un po’ la figura paterna che non ho mai avuto. Capisci perchè non potevo permettere che si rovinasse la vita per un gesto senza senso?»
Kurogane stava stritolando quello che rimaneva dell’insalata maltrattata da Fay poco prima.
«Posso capirlo, forse. Però tu riesci a capire come mi sono sentito io, come si è sentito tuo fratello, nel vederti ferito in quel modo? Se quel pazzo avesse preso un coltello invece che un pezzo di ceramica? Non posso accettare che tu abbia così scarsa considerazione di te stesso quando attorno hai persone che tengono a te così tanto.»
Quelle parole, per la prima volta, fecero capire a Fay il vero motivo della rabbia di Kurogane e dello sconvolgimento di Yuui. Sentì una stretta al cuore e le ciglia inumidirsi.
«Mi dispiace.» mormorò.
Per tutta risposta, Kurogane lo afferrò per il braccio sano e se lo tirò addosso, stringendolo in un abbraccio da orso.
«Idiota che non sei altro, non voglio mai più vederti in quelle condizioni. Prenditi più cura di te stesso o ti faccio fuori con le mie mani.»
Fay sorrise contro la stoffa del suo maglione.
«Te lo prometto.» disse, appena prima di alzarsi sulle punte dei piedi e cercare un bacio, che ottenne senza ulteriori proteste.
Probabilmente avrebbero avuto altre occasioni di parlare e Fay si ripromise di raccontargli per bene il suo passato e tutto quello che era accaduto con Ashura-sensei e i Vision, ma per ora andava bene così.
Staccandosi dalle sue labbra, Kurogane prese un respiro e si sciolse di malavoglia dall’abbraccio.
«Dovrei proprio andare a vedere quale terribile male ha bloccato Doumeki.» disse. «Potrei, non so, approfittarne per riaccompagnarti al ristorante.»
Fay annuì con un sorriso finalmente sincero. Tutto si sarebbe sistemato.
Non poteva certo sospettare cosa li aspettasse finché non varcò la soglia e non sentì uno schianto di vetri infranti provenire dalla cucina della “Corte di Valeria”.
Shaoron aveva preso una decisione quindi quella mattina si era recato nell’ufficio del suo principale per comunicargliela.
Fei Wong Reed, responsabile della divisione di cui si occupava il suo dipartimento, non era stato felice di vederlo, ma di questo poco gli importava. Gli aveva chiesto un riscontro riguardo il lavoro che stava portando avanti e perché tardasse così tanto, ma Shaoron era stato lapidario.
«Non intendo più farlo.»
Il suo superiore lo aveva fissato come se stesse scherzando.
«Non puoi rifiutarti, sei sotto contratto.» aveva detto.
«È vero, ma nessuno può obbligarmi a compiere azioni che vanno contro i miei principi personali. Se persiste nelle sue intenzioni, darò le dimissioni.»
Fei Wong era rimasto per un attimo senza parole, poi era arrossito di rabbia di fronte a tanta sfacciataggine.
«Ti concedo al massimo una settimana di proroga, dopodichè manderò qualcun altro a portare a termine il lavoro e a lui importerà ben poco dei tuoi principi!» aveva sbottato.
Shaoron aveva lasciato l’ufficio con un saluto assai poco elegante.
In assenza del fratello e di Watanuki, Yuui aveva trascorso un pomeriggio piuttosto caotico e indaffarato: non era abituato a preparare il menù della serata da solo. Si stava chiedendo se fosse il caso di inserire un terzo dolce accanto al semifreddo allo yogurt e amarene e al budino caramellato all’ananas, quando aveva sentito tintinnare la porta d’ingresso e si era trovato davanti Shaoron. Una visita inaspettata e a un orario insolito, ma non per questo meno piacevole.
«Avevo voglia di vederti.» si era giustificato il ragazzo. «Se è un brutto momento posso tornare più tardi.»
«In realtà mi farebbe comodo un po’ di aiuto, se non ti scoccia.» aveva risposto Yuui con un sorriso timido.
Non era da lui farsi aiutare da qualcuno che non fosse di casa nella sua cucina, ma in quel caso sentiva di poter mettere da parte le sue remore. Era piacevole, per una volta, sapere di potersi lasciare andare anche solo un po’.
«Non mi scoccia mai passare del tempo con te.» aveva risposto Shaoron, accostandoglisi per vedere a cosa stava lavorando.
Le ore erano trascorse tranquillamente e Yuui aveva scoperto un’insospettata abilità culinaria nel ragazzo. Insieme avevano preparato un dolce che non aveva mai osato presentare al pubblico, un po’ per la sua particolarità, un po’ per il timore che non venisse apprezzato: la torta con petali di rosa brinati. Il risultato era stato splendido, una perfetta combinazione di pan di spagna, crema al rosolio e petali di rosa cosparsi di zucchero.
Ancora impegnato nella contemplazione di quel piccolo capolavoro, Yuui ci aveva messo qualche secondo più del dovuto a realizzare che nello sguardo di Shaoron c’era qualcosa di diverso.
«Va tutto bene?» chiese, stranito.
Shaoron avanzò nella stanza e gli circondò la vita con le braccia, stringendolo da dietro. Scostò delicatamente i ciuffi di capelli biondi e posò un bacio alla base del collo; poi, sempre in silenzio, lo indusse a voltarsi e fece incontrare le loro labbra. Yuui assaporò a pieno quel bacio, nonostante un fastidioso campanello d’allarme continuasse a ripetergli che c’era qualcosa che non andava. Prendendo fiato, lasciò le sue labbra e cercò il suo sguardo.
«Cosa succede, Shaoron-kun?» chiese di nuovo. «Sei agitato.»
Gli occhi del ragazzo fuggirono i suoi, cosa che lo mise ancora più in allarme. Doveva trattarsi di qualcosa di grave.
«Hai più avuto notizie dell’affittuario?» domandò infine Shaoron, lo sguardo sempre fisso sulla parete opposta.
Yuui scosse la testa sconcertato, negli ultimi giorni quel problema era finito in fondo alla sua scala di priorità, preoccupato com’era stato per Fay e distratto da lui stesso. Shaoron annuì come se se lo fosse aspettato.
«Ha detto che ti avrebbe concesso un po’ di tempo.» disse.
Il giovane chef lo fissò, non del tutto certo di aver afferrato il significato di quelle parole. Non avevano senso.
«Co… sa…?»
Un sospiro rassegnato, forse stanco.
«Non te l’ho detto prima perché avrebbe interferito con il mio lavoro. Solo col tempo ho capito che non potevo più tacere e agire alle tue spalle. L’inviato dell’affittuario sono io.»
Yuui rimase immobile, ancora in parte circondato dalle sue braccia. La sua mente era avvolta dal bianco totale. Bianco e gelido. Non riusciva a pensare.
«Yuui…»
Come se il suono della sua voce avesse fatto scattare un interruttore, si ritrasse allontanandolo con una spinta e mandandolo a sbattere contro il piano di lavoro. Una ciotola, già in precario equilibrio vicino al bordo, cadde a terra infrangendosi in mille pezzi e schizzando crema sui mobili immacolati.
«Non pronunciare il mio nome.»
«Yuui, per favore…»
«Cosa?! Cosa vuoi ancora?» urlò alzando la voce in modo incontrollato. «Mi hai ingannato, mi hai mentito e ti sei preso qualcosa che io…»
S’interruppe quando lo scatto della serratura lo indusse a voltarsi e vide Fay e Kurogane sulla soglia. Suo fratello aveva un’espressione allibita, mentre il fruttivendolo fissava Shaoron con sguardo tagliente.
A sua volta Yuui gli rivolse a malapena un’occhiata.
«Vattene.» sibilò.
«Yuui, devi ascoltarmi.» tentò di nuovo il ragazzo, ma Yuui ne aveva abbastanza.
«Vattene subito. Esci di qui.»
Shaoron continuò a fissarlo mentre lasciava la cucina, rifiutandosi di abbassare lo sguardo o assumere un’aria contrita.
Così arrogante, così egoista. E lui aveva creduto di provare qualcosa per…
Solo quando fu uscito, Yuui si rese conto di stare tremando di collera trattenuta. Vide Fay sussurrare qualcosa a Kurogane, l’uomo annuire e andarsene. Subito dopo suo fratello gli fu accanto.
«Vieni a sederti, Yuui-chan.» disse guidandolo dolcemente verso una sedia, dove il giovane crollò letteralmente.
Fay si sedette di fronte a lui e prese le sue mani tra le proprie, rimanendo in silenzio.
Yuui capì che non l’avrebbe forzato a spiegarsi, sarebbe toccato a lui decidere se parlare o meno.
«L’inviato dell’affittuario.» disse semplicemente, certo che quello fosse sufficiente al fratello per capire.
Non si era sbagliato.
«Non ce la faremo a pagare.» disse Fay dopo un altro silenzio.
«No.»
«Che alternative abbiamo?»
«Non lo so.»
Fay sospirò. Yuui avrebbe voluto piangere: quel posto era la sua casa, la sua vita. Non aveva idea di come salvarlo e qualcuno che aveva fatto in modo di diventare importante per lui lo aveva preso in giro proprio su qualcosa di così importante. Non poteva credere che Shaoron fosse stato così crudele da fargli credere di essere innamorato di lui e che lui stesso fosse stato tanto stupido da innamorarsi a sua volta.
Forse quella non era stata la migliore delle sue idee: rivelarsi in quel momento era servito solo a scaricarsi la coscienza e a dare un dolore a Yuui. Shaoron non si capacitava della stretta allo stomaco che aveva provato davanti allo sguardo carico di rabbia, ma soprattutto ferito, del giovane chef. Poteva solo vagamente immaginare come si sentisse, tradito dalla persona a cui si stava affezionando e proprio riguardo a ciò a cui teneva di più: il ristorante che era la sua casa e la sua vita.
Se si fosse trattato di un locale comune, Shaoron avrebbe seguito la procedura standard e, in mancanza di riscossione dell’affitto, sarebbe passato all’ingiunzione di sfratto come ordinatogli dal suo principale Fei Wong. Ma la “Corte di Valeria” non era un locale comune: già dalla prima volta che vi aveva messo piede aveva capito che era speciale, così come il suo proprietario. All’inizio aveva pensato solo di divertirsi un po’, di giocare con Yuui al gatto col topo, prendersi quello che voleva e poi lasciar perdere. Eppure, dopo che lo aveva conosciuto, ci aveva messo molto poco a rendersi conto che l’attrazione che provava era reale, ricambiata e sfociava nell’affetto sincero. Ora come ora, dopo essere appena stato rifiutato e cacciato, non avrebbe trovato esagerato dire che era innamorato. Non avrebbe mai permesso che Yuui fosse ferito di nuovo, non lo meritava, così come non avrebbe lasciato che un luogo unico come la “Corte di Valeria” finisse per diventare l’ennesimo fast-food.
Probabilmente Yuui non lo avrebbe perdonato ugualmente ma, mentre varcava con passo deciso le porte a vetri della Reed Enterprise, Shaoron aveva già preso la sua decisione e sapeva che si trattava di quella giusta.
Quella sera la “Corte di Valeria” non aprì i battenti alla sua scarsa clientela. Yuui era a pezzi: non sarebbe riuscito ad alzare un dito neanche volendo, figuriamoci a cucinare.
Poco prima dell’orario di apertura, in preda a uno scatto di rabbia, aveva scaraventato sul pavimento tutti i dessert preparati quel pomeriggio, compresa la splendida torta con petali di rosa brinati. Questo aveva spinto Fay a prendere in mano la situazione e a decidere per la chiusura. Chiamò Watanuki per dargli la serata libera, poi si accinse a ripulire la cucina da quel disastro.
«Ti do una mano.» si offrì subito Yuui, contrito, ma Fay rifiutò.
«No, resta lì tranquillo.»
«Forse è meglio che me ne vada.» continuò Yuui accennando ad alzarsi.
Di nuovo il fratello gli oppose un rifiuto.
«Ho detto stai lì. Non voglio immaginarti di sopra, da solo, a rimuginare.»
Sapeva bene che Yuui non era il tipo da scaricare sugli altri le proprie preoccupazioni, preferendo macerarsi nell’angoscia da solo, ma questa volta era diversa dalle altre. Esattamente come lui fino a quella mattina, suo fratello aveva bisogno di appoggio e della possibilità di sfogarsi. Non lo avrebbe abbandonato nemmeno a costo di apparire invadente.
A confermare le sue impressioni, giunsero le parole di Yuui dopo un lungo silenzio.
«Vorrei solo sapere perché.» disse in tono amaro, lo sguardo perso nel vuoto.
«Questo può saperlo solo lui.» rispose Fay sciacquando la spugna sporca di crema nel lavandino.
«Il perché pratico è molto ovvio.» continuò Yuui sempre parlando a sé stesso. «Quello che non mi spiego è: che motivo aveva di mettere in piedi tutta quella sceneggiata? Toccarmi, baciarmi, fingere di essere innamorato di me… Poteva prendersi il ristorante con una semplice ingiunzione di sfratto. Perché ha voluto che mi innamorassi di lui? È una specie di gioco crudele di cui non capisco le regole?»
In condizioni normali difficilmente Yuui, sempre così riservato, avrebbe parlato così chiaramente dei suoi sentimenti. Ma ora era debole e ferito, le sue difese erano al minimo. Questo era ciò che faceva più infuriare Fay: che Shaoron, dopo essere riuscito a fare breccia nel suo cuore fino a renderlo così vulnerabile, lo avesse tradito in quel modo crudele. Si pentiva di aver desiderato per lui una storia d’amore che lo coinvolgesse. Piuttosto che vederlo in quello stato, ora, avrebbe quasi preferito che fosse la sua di storia d’amore a naufragare completamente.
In realtà tutto era partito da un suo desiderio: se non l’avesse espresso probabilmente nessuno dei due avrebbe sofferto in quel modo. Osservando Yuui, la testa reclinata sul tavolo e lo sguardo perso, si chiese se non ci fosse un modo per rimediare.