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Titolo: Semplicemente irresistibile - Remake
Fandom: Tsubasa reservoire chronicle
Rating: safe
Personaggi: Fay Flourite, Yuui Flourite, Kurogane, Li Shaoron, Clamp cast
Pairings: Kurogane/Fay, Shaoron/Yuui
Note: Versione riveduta, corretta e prolungata della mia omonima fanfiction del 2010
Beta:
Word count: 5242

Cap. 2
Emozioni - Le conseguenze di un desiderio


Yuui si rese conto che stava succedendo qualcosa di fuori dal normale non appena vide Fay rientrare in cucina.
«Chi c’è?» chiese, leggermente allarmato, sperando che non si trattasse del tanto temuto affittuario.
«No, niente… cioè, nessuno… è che Eagle…» Fay scosse la testa: non aveva davvero motivo di far preoccupare Yuui per i suoi cambiamenti d’umore o per le sue antipatie. «Lascia stare. C’è il ragazzo di ieri sera!» annunciò invece, ritrovando il sorriso.
Per contro, il fratello impallidì al ricordo dei famigerati pistilli che gli avevano tolto il sonno e Watanuki si rintanò nell’angolo più remoto dei fornelli. Dopo un attimo di panico, Yuui sospirò di rassegnazione.
«Dovrò andare a scusarmi con lui per il disastro di ieri.» disse, sentendosi sprofondare al solo pensiero.
Non era mai successo che facesse un errore del genere e dovesse porgere le proprie scuse a un cliente, era imbarazzante e umiliante, e gli chiariva fino a che punto fosse giunta la sua distrazione in quei giorni. Indugiò con lo sguardo su Watanuki, ma alla fine rinunciò a rimproverarlo: dare la colpa a lui sarebbe stata una scorciatoia troppo facile. La responsabilità era sua e quindi suo dovere metterci la faccia.
Rassegnato all’inevitabile, lasciò il suo rifugio e si avventurò nella sala lasciandosi dietro il fratello e l’assistente che lo seguivano con sguardi preoccupati. 
Il ragazzo occupava lo stesso tavolo della sera prima e sembrava non aver notato il suo arrivo, assorto com’era nel menù.
«Ehm…» fece Yuui, schiarendosi la voce.
L'interpellato non alzò nemmeno lo sguardo, limitandosi a un secco: «Dopo.»
Era di pessimo umore, realizzò Yuui facendo un istintivo passo indietro. Non poteva dargli torto.
«Scusi se la disturbo…» ritentò, quindi.
Il ragazzo alzò finalmente la testa con un’espressione seccata che, non appena i suoi occhi si posarono su di lui, mutò in una leggermente stupita.
«Oh, tu sei lo chef, vero? Pensavo fosse quell’irritante cameriere.» disse.
«Quell’irritante cameriere è mio fratello.» rispose Yuui in tono piccato. 
Una critica al fratello che avrebbe difeso sempre e comunque non era esattamente la migliore premessa al suo tentativo di scuse.
«Questo non cambia il fatto che sia irritante.» lo liquidò il ragazzo con noncuranza. «Cosa posso fare per te?»
«Ero qui per scusarmi.» iniziò Yuui, la cui modestia era del tutto evaporata dopo quel commento.
Quelle parole però suscitarono una reazione inaspettata, di totale stupore.
«Scusarti di cosa?» replicò il giovane cliente.
«Le crêpes di ieri sera… i pistilli…»
«La cena di ieri sera è stata la migliore che abbia mai mangiato.» lo interruppe il ragazzo fissandolo dritto negli occhi, come a sfidarlo ad affermare il contrario.
Yuui rimase interdetto davanti a quelle parole: aveva commesso un errore che normalmente, come minimo, gli avrebbe causato le rimostranze del cliente, non si aspettava certo dei complimenti. Del resto non poteva ribattere insistendo che i piatti erano stati preparati con disattenzione: sarebbe stato controproducente per l’immagine del ristorante.
«Oggi ho già pranzato, però vorrei qualcosa di dolce.» continuò il ragazzo, liquidando la questione con un gesto distratto della mano. «Nel menù non trovo niente di stuzzicante, ti va di provare a stupirmi ancora una volta?»
Il primo pensiero di Yuui fu che nel menù c’erano almeno cinque tipi diversi di dolci. Possibile che nessuno fosse di suo gusto? Il secondo, che voleva assolutamente sapere chi fosse quel ragazzo.
«Posso sapere il suo nome?» chiese istintivamente.
L’altro gli rivolse un sorriso appena velato di malizia.
«Se riuscirai a preparare qualcosa di abbastanza interessante allora lo saprai.»
Yuui rientrò in cucina praticamente di corsa: se quella era una sfida, allora quell’ingenuo aveva trovato pane per i suoi denti. Forse era vero che aveva commesso degli errori e che il loro locale era sull’orlo della chiusura, ma questo non significava che non avesse ancora diverse frecce al suo arco.
«Watanuki-kun! Il pan di spagna!» esclamò, facendo sobbalzare l’apprendista, che nel frattempo si stava dando da fare con le ordinazioni degli altri tavoli. «La marmellata di fragole, lo champagne e… sciogli del cioccolato fondente a bagnomaria. Ah, portami anche degli amaretti!»
Altro che “qualcosa di abbastanza interessante”! Gliel’avrebbe fatta vedere lui! Era in gioco il suo orgoglio di chef.
Esattamente come il giorno precedente, quando l’estro creativo l’aveva colto di fronte alla provocazione di quel nuovo cliente, Yuui quasi non badò a Fay che, con un sorrisetto stampato in faccia, usciva dalla cucina con le braccia cariche di piatti.
Mentre Watanuki si occupava di temperare il cioccolato, prese a sagomare il pan di spagna in dischetti che inzuppò nello champagne mescolato agli amaretti. Il passo successivo fu ricoprirli di marmellata e in seguito versarvi sopra il cioccolato in modo che, una volta raffreddato, formasse una crosticina sottile.
Imponendosi di eseguire le varie operazioni con calma, per evitare di combinare nuovamente disastri, Yuui si chiese per un istante da dove arrivasse tutta quell’esaltazione. Il cliente non si era lamentato, vero, ma non sarebbe stata comunque quella nuova presenza a cambiare le sorti del loro locale. Nonostante questo voleva che per lui tutto fosse perfetto. Che fosse una sorta di canto del cigno? La sua mente corse per un attimo allo strano sogno di quella mattina: un momento prima quegli occhi così intensi lo avevano fissato davvero, se avesse allungato una mano avrebbe potuto toccarlo. Se si fosse avvicinato avrebbe scoperto come ci si sentiva a essere toccati da lui.
Allarmato da pensieri tanto fuori luogo, finì di stendere il cioccolato e infilò il vassoio con i dolcetti in frigorifero. Quando alzò gli occhi, scoprì che Fay lo stava fissando.
«Ti senti poco bene, Yuui-chan?» chiese. «Hai la faccia tutta rossa.»
Il giovane chef scosse la testa, come a schiarirsi le idee.
«È il calore del cioccolato fuso.» si giustificò con poca convinzione.
Fay gli rivolse uno sguardo sconcertato poi tornò a guardare attraverso il vetro della porta della cucina.
La composizione dei tavoli era bizzarramente mutata. Tomoyo ora sedeva al tavolo con la ricciolina, sorridendo amabilmente e annuendo alle sue esclamazioni entusiaste su chissà cosa. Al tavolo di Eagle si era aggiunta una delle sue guardie del corpo e attuale buttafuori del pub, tale Lantis, un tizio enorme e dall’aria truce che avrebbe allontanato chiunque con la sua espressione perennemente cupa. Effetto però probabilmente non prodotto sulla ragazzina dalla lunga treccia rossa che si era allegramente seduta di fronte a loro e chiacchierava ininterrottamente con un brio del tutto inatteso. Per un attimo Fay temette che fossero stati i due a forzarla ad accomodarsi con loro e che la stessero in qualche modo infastidendo, ma bastò prolungare lo sguardo di qualche secondo per rendersi conto che no, era lei a tenere banco in quella conversazione e i due uomini la fissavano con espressioni che definire imbambolate sarebbe stato un complimento.
Fay tornò a voltarsi verso il fratello.
«Stai pensando a qualcosa di romantico, Yuui-chan?» domandò a bruciapelo.
«Che?» fece Yuui, distratto, da sopra l’assai poco romantico piatto di fette di arrosto di cui si stava occupando in attesa che il cioccolato si rassodasse.
«No, nulla.»
Fuori nella sala, Tomoyo e la ragazza ricciolina si stavano alzando per andarsene. Insieme.
«Tomoyo-chan sta andando a casa.» buttò lì Fay in tono studiatamente casuale.
Yuui, che aveva lasciato gli ultimi tocchi dell’arrosto a Watanuki, alzò appena gli occhi dalla torta di carote che si era messo a decorare.
«Ho capito. La prossima volta che verrà dovrò ricordarmi di uscire a salutarla.»
Fay evitò accuratamente di fargli notare che era già uscito e non l’aveva degnata di uno sguardo.
Vedendo il fratello disporre le fette di torta sui piatti, immaginò che avesse intenzione di servire anche quelle ai clienti. Dopo aver passato la lista delle nuove ordinazioni a Watanuki, ne posò alcune su un vassoio, mentre Yuui toglieva il piatto dei dolcetti alla fragola dal frigorifero.
«Dovrebbero raffreddarsi di più.» azzardò Watanuki.
Yuui annuì ma li dispose ugualmente su di un nuovo piatto.
«Lo so, ma non voglio far aspettare troppo il cliente.»
Di solito Yuui era un accanito sostenitore della pazienza in cucina: per gustare un buon pasto bisognava saper aspettare. Invece ora si stava comportando in maniera anomala. Era davvero Yuui a influenzare i commensali o c’era qualcosa da cui veniva influenzato lui stesso?
Con una mezza idea in mente Fay afferrò il vassoio-, esclamando: «Dessert per il tavolo 10, vero? Vado!» e sparì senza aspettare risposta.
Mentre posava le ordinazioni, scrutò con interesse il nuovo cliente: era davvero la sua presenza a suscitare quelle reazioni in Yuui?
«Non ho ordinato questa.» disse il ragazzo indicando la torta di carote.
Fay ammiccò con un sorrisetto.
«Lo so. È un omaggio dello chef, la sua specialità.» rispose e gioì nel vedere l’espressione compiaciuta appena suscitata.

Anche la sera la “Corte di Valeria” soffrì della penuria di avventori che sembrava ormai diventata una triste abitudine. Non essendo presente nemmeno alcun cliente particolare o conosciuto, Yuui passò la maggior parte del tempo lavorando con il pilota automatico e perso nei suoi pensieri. Si chiedeva per quale motivo il cliente del tavolo 10 fosse di nuovo sparito senza commenti. Forse non aveva trovato il dolce all’altezza delle sue aspettative, oppure non riteneva particolarmente importante dare corda a quello che era nato più come uno scherzo o una provocazione. Era molto probabile che, semplicemente, non avesse ritenuto quello chef sconosciuto e un po’ sfacciato all’altezza delle sue attenzioni. Non che Yuui volesse le sue attenzioni. Era solo… curioso.
Quando giunse l’ora di chiusura, congedò Watanuki e lasciò che Fay salisse in casa prima di lui: in ogni caso non c’era molto da riordinare. Affacciandosi sul marciapiede prima di chiudere a chiave la porta d’ingresso, notò una figura appoggiata al muro proprio lì accanto.
Era lui.
Mentre mille ipotesi, una più assurda dell’altra, si affacciavano alla sua mente, azzardò un passo avanti.
«Ehm… buonasera.»
Il ragazzo si voltò nella sua direzione, abbozzando un sorrisetto.
«Shaoron.» disse, allungando una mano.
«Eh?»
«Li Shaoron. È il mio nome. I dolci erano più che interessanti.»
Yuui lo fissò confuso e piuttosto spiazzato. 
«Ha aspettato qui tutto il tempo per dirmi questo?»
Il sorriso del ragazzo si allargò.
«Ho finito da poco di lavorare, così ho pensato di passare per assolvere al nostro patto. Avevo l’impressione che ci tenessi molto.»
Yuui, ancora piuttosto incredulo, tentò di abbozzare almeno un’espressione di cortesia che non lo facesse sentire scioccamente a disagio.
«Allora dovrò ricambiare.» disse, accettando la mano che gli veniva tesa. «Sono Yuui Flourite. Visto che è venuto fin qui perché non entra a prendere un caffè? Offre la casa.»
Shaoron ricambiò la stretta e annuì.
«A una condizione, però: che la smetti di darmi del lei, sono più giovane di te.»

L’aroma del caffè con una punta di vaniglia che si diffondeva nella cucina, il calore della tazza ma, soprattutto, il sorriso dolce di quel giovane uomo sconosciuto riscaldarono il cuore di Shaoron dopo le ore passate al freddo sul marciapiede. In realtà era arrivato molto prima dell’orario di chiusura, ma si era imposto di non entrare per una sorta di etica professionale. Se Yuui non si fosse affacciato, se ne sarebbe andato da lì a pochi minuti. Nonostante questo non era riuscito a fare a meno di lanciare lunghe occhiate attraverso le vetrate nella speranza di vedere il giovane chef biondo. Era affascinato da lui in un modo che non riusciva a spiegare, pur essendo consapevole di quanto questo fosse fuori luogo, a maggior ragione considerando la posizione in cui si trovava. Shaoron non era mai stato uno che si curava troppo delle convenzioni sociali, se voleva qualcosa, se la prendeva. In questo caso, però, si erano fatti strada dentro di lui fastidiosi scrupoli. 
Sorseggiò il caffè fissandolo di sottecchi mentre si sedeva di fronte a lui. Quegli occhi azzurri così limpidi, le guance rosee, forse per il calore, forse per un’inaspettata emozione…
«Sai,» disse. «è da ieri che non riesco a togliermi dalla testa questo posto.»
A quelle parole il giovane chef sobbalzò appena, forse timoroso delle ripercussioni di quanto riteneva fosse andato storto nella sua cena della sera prima. Shaoron non vi badò.
«Me ne avevano parlato, quindi ho fatto qualche ricerca, ma ho trovato solo un account Instagram pieno di foto di un tizio grande e grosso con i capelli ispidi. Ammetto di essere rimasto perplesso e di essermi chiesto se non si trattasse di un locale per soli uomini o qualcosa del genere.»
Prese un altro sorso di caffè mentre Yuui, di fronte a lui, si schiaffava una mano in fronte. 
«Fammi indovinare, a curare i social media è tuo fratello.»
Il giovane chef annuì, desolato.
«Mi dispiace moltissimo, mi aveva assicurato di sapere quello che faceva.»
Quel tono di scuse per poco non strappò una risata a Shaoron, che iniziava a trovare il suo interlocutore decisamente tenero.
«A suo modo magari sì, visto che mi sono incuriosito e ho voluto sperimentare personalmente. Devo dire che ne sono rimasto piacevolmente stupito.» rispose. «Inoltre, a quanto pare, adesso ho un motivo in più per diventare un assiduo frequentatore.»
La sua mano si sollevò istintivamente andando a posarsi sulla guancia di Yuui. Lo vide spalancare gli occhi e irrigidirsi, ma non se ne chiese nemmeno il motivo. Spinto da un impulso irresistibile, fece il giro del tavolo fermandosi di fronte al giovane e, quando questi alzò su di lui uno sguardo interrogativo e leggermente allarmato, si chinò in avanti e lo baciò sulle labbra.
Solo a diversi metri dall’uscita del ristorante, quando l’aria gelida della notte oltrepassò gli strati di torpore che lo avevano misteriosamente avvolto, in piedi in mezzo alla strada e con ancora davanti agli occhi l’espressione di shock dello chef, realizzò quanto irrazionale e totalmente assurdo fosse stato il suo comportamento.

Di nuovo Yuui passò una notte infernale, al punto che nemmeno la sua tisana preferita riuscì a essergli d’aiuto. Quello che era successo aveva dell’allucinante: un attimo prima stavano tranquillamente bevendo il caffè e un attimo dopo quel ragazzo, Shaoron, l’aveva baciato. Così, su due piedi. Senza un apparente motivo. Poi se n’era andato, senza una spiegazione, lasciandolo impietrito sulla sedia. Doveva essere rimasto lì per un sacco di tempo, almeno a giudicare dall’espressione di Fay che era sceso a vedere cosa stesse combinando, perplesso dal fatto che ci stesse mettendo tanto a chiudere.
Schivare le domande del fratello e riuscire a rifugiarsi nella propria stanza era stato piuttosto arduo e, in seguito, i pensieri gli avevano comunque impedito di prendere sonno. Quello che lo lasciava più sconcertato era la punta di insensata euforia che i ragionamenti più razionali, lo shock e il turbamento non riuscivano del tutto a soffocare. Inoltre c’era un’altra questione, e questa non poteva in nessun modo schivarla con pretese di casualità o superstizione. Il caffè che aveva offerto a Shaoron quella sera era lo stesso che aveva preparato quella mattina per sé, Fay e Kurogane. Lo stesso al di sopra del quale aveva immaginato nel dormiveglia quella sorta di scena romantica che si era poi ripercossa sulle reazioni di suo fratello e del fruttivendolo. La scena che gli era tornata in mente per associazione mentre lo stava servendo. C’era un limite anche alle assurdità e Yuui aveva voglia di strapparsi i capelli. 
Quella fu una notte difficile anche per Fay. L’atteggiamento di Yuui lo preoccupava e non poteva fare a meno di chiedersi se fosse stato davvero da solo nel locale e cosa fosse successo nel lasso di tempo che lui aveva trascorso al piano superiore. Suo fratello sembrava davvero scosso, quindi doveva esserci un motivo serio. Inoltre era tornato ad affacciarsi prepotentemente alla sua mente il pensiero di Kurogane. Durante la giornata il lavoro e le bizzarre reazioni dei commensali l’avevano distratto ma, una volta rimasto solo nel buio della sua stanza, proprio quei fatti avevano riportato Kurogane al centro dei suoi pensieri. 
La sua pelle rammentava ancora la dolcezza del suo tocco e il calore dei suoi occhi era un fuoco che divampava dentro di lui. Non riusciva a spiegarsi quel comportamento se non con le parole di Yuui, che sosteneva di aver preparato il caffè immaginando una scena simile a quella da loro vissuta. Era la realizzazione del desiderio che aveva espresso a Yuuko-san: in qualche modo Yuui aveva trasmesso loro i suoi sentimenti. Forse era una teoria azzardata, ma avrebbe spiegato anche il comportamento di tutti quelli che si erano presentati al ristorante quel giorno, da Tomoyo al ragazzo del tavolo 10, da Eagle alle due ragazze sconosciute. Se fosse stato davvero così, significava che le azioni di Kurogane erano state influenzate da una forza esterna e che in realtà non provava per lui nulla di diverso dal consueto fastidio. Una considerazione del genere, se si fosse rivelata fondata, gli avrebbe spezzato il cuore dopo la speranza che si era accesa in lui. Per quanto temesse la risposta, doveva assolutamente trovare il modo di parlare con il suo amato fruttivendolo, non avrebbe resistito fino alla settimana successiva. Incurante del fatto che fosse notte fonda, prese il cellulare e iniziò a scrivergli un messaggio. Dopo aver fissato lo schermo per cinque minuti buoni, lo cancellò. Continuò a scrivere e cancellare per la mezz’ora successiva finchè il testo non raggiunse una forma che vagamente accettabile, poi finalmente lo inviò. Ovviamente non pretendeva che Kurogane rispondesse subito, dopotutto era un’ora antelucana. In ogni caso passò le ore successive con gli occhi spalancati in attesa di una notifica che non giunse mai.
Alla fine, esasperato, buttò le gambe giù dal letto quando appena albeggiava: se la risposta non fosse arrivata, sarebbe andato a prendersela. 
La cucina era buia e silenziosa, Yuui non si era ancora alzato e Fay badò di non fare rumore per non disturbare il sonno del fratello, che certamente non aveva avuto a sua volta una nottata riposante. Si preparò il consueto caffè, ne tenne da parte una tazza anche per lui, poi si gettò la propria giacca sulle spalle prima di uscire nel cortile sul retro. 
Esistevano molte possibilità che Kurogane non volesse nemmeno vederlo, considerando come se n’era andato in tutta fretta il giorno prima, ma non sarebbe riuscito a darsi pace se non l’avesse sentito direttamente da lui. Il cuore gli martellava nel petto a ogni passo, ma doveva fare quel tentativo. Lo doveva a sé stesso. Raccolse tutta la forza di volontà che aveva e attraversò la porta che dal cortile dava sulla strada retrostante. Dall’altro lato del marciapiede era parcheggiato un furgone verde e Kurogane, avvolto in un pesante cappotto e il naso affondato in una sciarpa rossa, stava appoggiato alla portiera con lo sguardo fisso nella sua direzione. Fay sgranò gli occhi, colto alla sprovvista, e un sorriso nervoso stirò le sue labbra mentre avanzava, appena esitante, verso di lui.
«Kuropin! Qual buon vento ti porta qui a quest’ora così insolita?» esclamò, ostentando un entusiasmo che non provava.
«E tu? Il ristorante non ha ancora aperto, dove te ne vai così di fretta?» ribatté Kurogane, prendendolo in contropiede.
Il sorriso di Fay s’incrinò leggermente.
«In realtà… eh, eh… che caso, stavo proprio venendo a cercarti. Buffo, vero?»
Sotto lo sguardo di quegli occhi infuocati, stava diventando difficile dissimulare l’ansia che provava.
«Anch’io sono venuto per parlare con te.» disse Kurogane, provocandogli un tuffo al cuore. «Certe cose è meglio chiarirle di persona piuttosto che scrivere messaggi di notte.»
Quelle parole fecero sentire Fay uno sciocco: Kurogane aveva ragione, non aveva avuto nessun senso scrivere e aspettare una risposta in un orario in cui le persone normali erano nel mondo dei sogni da ore. 
Quando Kurogane avanzò, Fay indietreggiò istintivamente di un passo verso il muro.
«Ieri mattina è stato tutto molto strano.» disse il fruttivendolo con espressione cupa. «Pensare che tuo fratello abbia messo qualcosa nel caffè mi sembra la più assurda delle ipotesi. Non riesco a spiegarmi esattamente cosa sia successo, però è innegabile che ci fosse qualcosa che mi attraeva.»
Sembrò quasi masticare quelle parole e Fay si azzardò appena ad alzare lo sguardo su di lui, le guance che si arrossavano progressivamente per il freddo e per il disagio.
«Quel qualcosa, per caso, ero io?» 
Lo vide esitare e questo fece giungere la sua ansia a livelli di guardia.
L’uomo di fronte a lui corrugò le sopracciglia, mostrando la sua peggiore espressione imbronciata poi, con un gesto improvviso, allungò la mano destra verso il muro imprigionando Fay tra esso e il proprio corpo.
«Non mi piace pensare che qualcuno che non sono io decida per me.» disse. «Quindi ora farò una verifica e se la cosa non ti va vedi di dirlo subito.»
Con la mano libera scostò i ciuffi biondi dalla fronte di Fay, dandogli tutto il tempo per allontanarsi o mostrare qualche segno di diniego. Ma Fay non ne aveva la minima intenzione e accolse con sollievo la mano che scese ad accarezzargli il volto, prima di sollevarglielo leggermente. Lo sguardo cristallino si perse per un attimo in quello infuocato prima che abbassasse le ciglia e accettasse le labbra di Kurogane sulle sue. Inaspettatamente fu un bacio dolce e per nulla rude, che sciolse con calore il nodo allo stomaco che Fay si era a malapena reso conto di avere. Soprattutto, fu totalmente sincero. Poteva sentirlo mentre circondava con le braccia il collo di Kurogane, stringendosi a lui, e nel modo in cui quest’ultimo avesse spostato il braccio che prima lo bloccava a cingergli la vita. Non c’era nessun incantesimo, nessuna finzione. Era reale.
Quando si allontanarono, avevano entrambi il respiro leggermente affannoso. Fay appoggiò la testa sulla spalla di Kurogane: non sentiva più freddo. Quando una mano gli si posò tra i capelli, per poco non si sentì cedere le ginocchia e socchiuse gli occhi per assaporare meglio quel contatto.
La voce di Kurogane, appena più roca del solito, lo riportò alla realtà.
«Questo era esattamente il tipo di verifica di cui avevo bisogno.» disse in tono neutro, come una semplice constatazione.
«Anch’io.» confermò Fay, finalmente senza più quel filo di ansia nella voce.
Non aveva più ragione di temere. Finalmente, dopo tanto tempo, il suo sentimento veniva ricambiato ed era reale. Nessun caffè stregato lo stava condizionando.
In un impeto di entusiasmo, si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò di nuovo. Dopo qualche istante di sorpresa, Kurogane reagì scrollandoselo di dosso con il consueto cipiglio brusco.
«Ok, ok, ho capito, ma adesso staccati. Non è il caso di dare spettacolo la mattina presto.» brontolò e Fay rise sentendosi la persona più felice della terra.

Alla gioia di un fratello veniva contrapposto il malumore dell’altro: Fay lo capì immediatamente appena rimise piede nel ristorante dopo aver salutato Kurogane. Sapeva che Yuui aveva dormito male, che fosse per quanto successo la sera prima o per la preoccupazione per le sorti del locale, e dall’espressione cupa che aveva ne dedusse che non aveva intenzione di dare spiegazioni.
Il lavoro si trascinò lentamente per tutta la giornata causando un aumento esponenziale del nervosismo del giovane chef: era irritato in un modo che Fay aveva visto molto raramente, al punto che persino Watanuki gli si teneva alla larga. Questo si traduceva in uno sbatacchiare continuo di pentole e stoviglie. Fay non riusciva a immaginare cosa fosse successo per alterarlo tanto e non aveva il coraggio di chiederlo. Yuui di norma era la persona più pacifica e tranquilla che conoscesse, non faceva mai scenate e difficilmente alzava la voce, quindi per essere in quello stato la situazione doveva essere piuttosto seria. Fay avrebbe voluto raccontargli subito la novità e metterlo a parte della sua gioia, ma il suo istinto gli suggeriva di aspettare un momento più adatto. L’umor nero di Yuui raggiunse l’apice quella sera, quando vide Ashura fare il suo ingresso nel locale con al braccio una donna dai lunghi capelli scuri.
Come di consueto, Fay si apprestò a uscire in sala con un sorriso allegro stampato sul volto, ma si bloccò sentendo il fratello borbottare: «Chi non dovrebbe arrivare, arriva. Chi dovrebbe arrivare, non arriva.»
«Di chi stai parlando?» chiese, stupito.
Non era decisamente da Yuui parlare così di qualcuno. Di certo non si stava riferendo a Tomoyo e, per qualche motivo, gli balenò in mente quello strano cliente del tavolo 10.
«Di qualcuno che fa cose assurde e non dà spiegazioni.» ribatté lo chef con crescente nervosismo. «Oh, non è niente, lascia perdere. Watanuki-kun! Hai intenzione di carbonizzarli, quegli spinaci?!»
L’assistente sobbalzò a quel tono irritato e si affrettò ad abbassare la fiamma del fornello. Fay approfittò di quella distrazione per defilarsi. Non riusciva a capire cosa stesse passando per la testa di Yuui, ma in ogni caso era meglio girare al largo finché non si fosse calmato.
Cercando di focalizzarsi sulla parte felice della sua giornata, che lo faceva sentire letteralmente al settimo cielo, raccolse le ordinazioni di due nuovi clienti e si fermò al tavolo di Ashura con un sorriso vivace.
«Buonasera, sensei! Signora.» disse, chinando appena la testa in direzione della donna.
Ashura gli rivolse un’espressione tranquilla.
«Buonasera a te, Fay. Ti è successo qualcosa di bello? Sei euforico.»
Il giovane cameriere non riuscì a trattenersi dal manifestare la propria gioia: era tutto il giorno che voleva urlarlo al mondo intero.
«Sì, è proprio così! Finalmente un sogno che avevo da tanto tempo si è realizzato e mi sembra incredibile! Lasci che offra io per festeggiare, sensei!»
Almeno qualcuno si sarebbe goduto con lui la sua gioia ed era più che felice di condividerla con una persona importante per lui come Ashura-sensei.
L’uomo inizialmente sembrò perplesso, ma successivamente annuì, cordiale.
«Se ti fa piacere.»
La donna, la moglie del sensei, non disse nulla. Anzi, sembrò ignorare del tutto lo scambio di battute.
Non badandole, Fay tornò in cucina e, sforzandosi di ignorare l’aria cupa che vi regnava, afferrò due porzioni di riso con scampi e spinaci che Yuui aveva scelto come piatto del giorno, per poi tornare in sala. Le depositò al tavolo di Ashura e volteggiò tra gli altri clienti accennando una piroetta. Non avrebbe permesso a niente al mondo di rovinare il suo buonumore. 

Mentre si avvicinava l’orario di chiusura, Yuui era passato da un irritato nervosismo a una frustrata rassegnazione.
«Sono uno stupido. Uno stupido. Punto.» brontolava pulendo la cucina.
Fay, che non ne poteva più di vedere il fratello in quello stato, gli si avvicinò appoggiandogli gentilmente una mano sulla spalla.
«Senti, se non vuoi dirmi qual è il problema, va bene, ma perché non vai a riposarti? Ormai la cucina è chiusa, ci pensiamo Watanuki-kun e io ai clienti rimasti.»
Yuui era sul punto di annuire, quando il fracasso di qualcosa che andava in frantumi seguito da uno strillo li fece sobbalzare entrambi. Si precipitarono entrambi in sala e la scena che si aprì davanti ai loro occhi li lasciò di sasso.
Ashura, con in mano il grosso coccio affilato e appuntito di un piatto rotto, stava minacciando la moglie puntandoglielo contro.
«Tutto questo deve finire qui e ora!» stava dicendo con un tono carico di rabbia che metteva i brividi. «Non intendo sopportare questa situazione e questa vita un minuto di più. I tuoi capricci, i tuoi tradimenti, la tua follia nei confronti di nostro figlio. Se tu non esistessi, nulla di tutto questo mi peserebbe addosso. Vi metterò fine adesso!»
Fay non si fermò nemmeno a pensare quali potessero essere le reali intenzioni di Ashura. Scattò in avanti e spintonò via Shashi, facendola cadere a terra. Una scia infuocata gli percorse il braccio sinistro.
«Sensei!» gridò, alzando le mani davanti a lui.
«Fay!» 
La voce di Yuui gli giunse attutita dal martellare del proprio cuore. Tutto attorno era calato un silenzio glaciale.
«Sensei, per l’amor del cielo…» continuò Fay, abbassando la voce e tentando di calmare l’uomo di fronte a lui. 
Quello abbassò lentamente la mano che reggeva il coccio e per un istante i suoi occhi sembrarono mettere a fuoco il giovane che aveva di fronte. 
In quel momento accaddero due cose. Shashi si alzò da terra con l’aria di chi stava per mettersi a urlare e la porta del ristorante si spalancò, tintinnando nel silenzio generale.
«Yuui-chan, porta via Shashi-san.» disse Fay senza distogliere lo sguardo da Ashura.
«Fay!»
«Subito.»
A quel tono perentorio Yuui poté solo obbedire e spingere la donna verso la cucina.
Nel vedere allontanarsi l’oggetto della sua ira, Ashura sollevò di nuovo la sua arma improvvisata, ma questa improvvisamente piombò a terra finendo in mille pezzi, mentre una sagoma scura si frapponeva tra lui e Fay e lo colpiva senza tanti complimenti alla mascella.
«Hai bisogno di una doccia fredda per placare i bollenti spiriti? » tuonò Kurogane, incombendo sul professore ora accasciato a terra con espressione stordita. 
Quindi lo afferrò per un braccio sotto lo sguardo sorpreso di Fay e lo trascinò verso l’ingresso, scaraventandolo poi sul marciapiede.
«Fuori di qui prima che mi venga voglia di prenderti anche a calci!» lo minacciò, poi si rivolse ai pochi avventori rimasti in sala, che lo fissavano con sguardi stralunati. «Circolare, non c’è più niente da vedere. Il ristorante è chiuso.»
I clienti si premurarono quindi di lasciare il conto sui rispettivi tavoli e uscirono alla chetichella, troppo sconvolti da quanto appena successo per osare anche una sola parola di protesta.
Kurogane tornò da Fay nel momento stesso in cui Yuui usciva di corsa dalla cucina.
«Ho fatto uscire Shashi-san dal retro. Fay, stai bene?» esclamò il fratello, pallido come un cencio mentre gli andava incontro.
«Che accidenti ti è passato per la testa?!» sbottò in contemporanea Kurogane, evidentemente irritato.
Trovandoseli entrambi vicini, Fay sentì la tensione allentarsi di colpo e le sue gambe cedere. Finì in ginocchio sul pavimento, tra cocci di piatti e bicchieri e resti di cibo rovesciato, mentre il dolore al braccio iniziava a farsi acuto e pulsante. Sulla camicia bianca della divisa una macchia scarlatta si allargava sempre di più. Yuui si chinò immediatamente per sostenerlo.
«Ti ha ferito! Dobbiamo andare subito al pronto soccorso!» esclamò, la voce che si spezzava dall’ansia.
«Sto bene, Yuui-chan, è solo un graffio.» tentò di placarlo Fay, ma il fratello non voleva sentire ragioni.
«Stai perdendo un sacco di sangue, non può essere solo un graffio.»
Kurogane, nel frattempo, era rimasto a fissarlo con aria severa.
«Cosa credevi di fare?» domandò di nuovo.
Fay alzò gli occhi su di lui, ricordando il tenero abbraccio di quella mattina e non ritrovandolo in quello sguardo freddo.
«Non… non lo so. Non volevo che qualcuno si facesse male. Ashura-sensei è una brava persona. Non so cosa abbia scatenato questo gesto, ma ha un sacco di problemi con la moglie. Ho pensato che… sarei riuscito a calmarlo, forse…» 
Era una spiegazione raffazzonata e insensata, ma era l’unica che la sua mente annebbiata e ancora sotto shock riusciva a mettere insieme.
«O forse non stavi pensando affatto!» sbottò Kurogane, stringendo i pugni. Poi si rivolse a Yuui. «Portalo al pronto soccorso e prenditi cura di lui, è chiaro che non sta ragionando lucidamente.»
Detto questo, girò sui tacchi e si avviò verso la porta, che tintinnò furiosamente alla sua uscita.
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Power of Dreams

"Posso accettare di pentirmi di aver seguito un sogno che non sono riuscito a realizzare, ma non voglio pentirmi di aver rinunciato a inseguirlo."

Takagi "Shujin" Akito

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