[Voltron] Un nuovo membro della famiglia
Apr. 21st, 2019 12:57 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Un nuovo membro della famiglia
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Rating: verde
Personaggi: Lance McClain, Keith Kogane, Voltron cast
Pairings: Keith/Lance, Allura/Lotor
Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Parte della Friends!AU.
Scritta per il contest di Fanwriter.it "Non dire gatto se..." Prompt 32. A salva un gattino orfano e lo porta nel proprio appartamento, anche se le regole del condominio vietano animali.
Beta:
Word count: 3946
« Avresti dovuto vedere la faccia di Iverson! Non ci credeva neanche lui che avessi fatto quel punteggio, ha ricontrollato tre volte perché era convinto che il simulatore avesse fatto un errore. So che avrei dovuto sentirmi offeso, voglio dire, che significa che non è possibile che abbia fatto un punteggio pari al tuo? Per quanto tu sia un genio e tutto, s'intende. Però, ehi, ero troppo felice di aver superato quel test per badare al fatto che qualcuno non ci credesse. »
Lance stava chiacchierando a macchinetta da almeno mezz'ora da quando avevano lasciato l'accademia.
Le giornate iniziavano ad allungarsi, l'aria si era fatta più tiepida, segno che la primavera stava finalmente arrivando, ed era per quello che lui e Keith avevano deciso di rientrare a piedi invece di prendere il solito autobus. Passeggiare per la città mano nella mano, in tutta tranquillità, poteva essere piacevole.
Keith accennò un sorriso e annuì di fronte a tutto quell'entusiasmo.
« Sono fiero di te. Iverson dovrà farsi una ragione di avere in classe uno dei piloti più promettenti dell'accademia. »
« Dopo di te. » sottolineò Lance.
« Già, dopo di me. »
« Non osare darmi ragione con quell'aria soddisfatta! Piccolo arrogante che non sei al... »
Le parole di Lance vennero interrotte da un urlo e un improvviso stridio di freni. Il fracasso di un motorino che si schiantava a terra attirò la loro attenzione, spingendoli a precipitarsi verso l'incidente, pochi metri più avanti.
Il ragazzo alla guida si stava già rialzando, zoppicando per la botta e massaggiandosi la nuca.
« Ehi! Stai bene? Niente di rotto? » chiese Lance andandogli incontro. « Vuoi che chiamiamo un'ambulanza? »
Quello si voltò verso di loro, scuotendo piano la testa.
« No, grazie, amico. Sto bene. Per fortuna avevo il casco e andavo piano, è stata solo una botta. Qualcosa è saltato sulla strada e... Ugh! Guarda la carrozzeria! Quei graffi mi costeranno un sacco! »
Lamentandosi, il giovanotto sollevò il motorino e provò a rimetterlo in moto. Il motore borbottò ma alla fine partì.
« Ti consiglio comunque di farti vedere da un dottore per sicurezza. Con le cadute non si sa mai. »
L'altro si rimise il casco e sollevò il pollice.
« Lo farò di certo, amico. Grazie ancora. »
Mentre quello si allontanava, Lance sentì la voce di Keith chiamarlo con un tono angosciato che non aveva mai sentito prima. Allarmato, si voltò verso il suo ragazzo e lo vide accucciato a terra di fronte alla forma inerte di un gatto, steso sull'asfalto.
« Dev'essere lui che ha spaventato il motociclista. Come sta? »
Keith scosse la testa con espressione affranta.
« Non lo so, non riesco a capire. Sembra che respiri, ma... »
All'improvviso si zittì e voltò la testa di scatto verso l'altro lato della strada.
« Che succede...? »
« Ssh! »
Keith gli appoggiò un dito sulle labbra, zittendolo.
Ascoltando con attenzione, sopra il rumore delle macchine che passavano, anche Lance riuscì finalmente a sentire quello che aveva attirato l'attenzione del compagno: un sottile miagolio, appena percettibile.
« È una gatta e quello che piange è sicuramente il suo cucciolo. Dobbiamo andare a prenderlo! »
« Sono gatti randagi, Keith, non credo che... » tentò di obiettare Lance, ma l'altro aveva già sollevato l'animale investito e stava attraversando la strada.
« Non lascerò da solo un cucciolo che rischia di perdere la madre! » fu la risposta, alla quale Lance non poté che annuire.
Trovarono effettivamente un gattino dall'altra parte della strada, dietro uno scatolone all'angolo di un vicolo. Tremava e miagolava più forte che poteva, rizzando il pelo, nero come quello della madre.
Per un paio di volte sfuggì alle mani di Lance, ma quando infine riuscì a prenderlo, gli si raggomitolò addosso, attaccandosi alla sua maglietta con le piccole unghie affilate.
« C'è in fondo alla strada lo studio dell'amica veterinaria di Allura, portiamoli da lei. » propose. « Forse potrà curare la madre e trovare loro una casa. »
Keith annuì, abbassando lo sguardo ansioso sulla gatta che teneva in braccio per poi rialzarlo verso Lance. Era chiaro che nessuno dei due credeva davvero a quell'ipotesi, ma la speranza era l'ultima a morire.
La speranza si spense quando videro la veterinaria uscire dalla sala interventi dove aveva portato la gatta investita.
La dottoressa, una ragazza di nome Romelle, che li aveva accolti con un sorriso gentile, aveva ora un'espressione triste che rese immediatamente chiaro cosa fosse successo.
« Mi dispiace. » disse comunque. « Ho fatto tutto quello che ho potuto, ma gli organi interni erano gravemente lesionati. Non sarebbe sopravvissuta in ogni caso. »
Lance vide gli occhi di Keith farsi enormi e increduli, lo osservò scuotere piano la testa e abbassare lo sguardo sul gattino che gli si era addormentato in grembo.
« Sei rimasto solo... » mormorò con voce bassa e spezzata.
Lance temette, per un terribile istante, che stesse per piangere. Non l'aveva mai visto in quello stato.
Invece Keith rialzò gli occhi e si rivolse direttamente alla veterinaria.
« Grazie per averci almeno provato, Romelle. Potresti visitare anche questo piccino? Poi lo porteremo a casa. »
La ragazza annuì, prendendo il cucciolo dalle sue mani e tornando in ambulatorio.
Lance invece lo scosse per una spalla, nel tentativo di farlo ragionare.
« Cosa stai dicendo? Non possiamo portarlo a casa. Il regolamento di condominio lo vieta. Se anche Allura ci coprisse, se venisse fuori finirebbe nei guai anche lei, senza contare che in casa con noi c'è anche Hunk. Non possiamo prendere una decisione del genere senza consultarlo. »
Lance odiava fare la parte di quello razionale, gli si spezzava il cuore davanti a quella situazione e all'espressione disperata di Keith, ma era anche consapevole che non fosse una scelta da fare alla leggera. Si trattava di decidere per una piccola vita e lui non era affatto certo che sarebbero stati in grado di prendersene cura.
Per tutta risposta, Keith gli rivolse uno sguardo più deciso che mai.
« Saresti davvero pronto ad abbandonare una creatura che non ha più nessuno al mondo? Che probabilmente non è nemmeno in grado di sopravvivere da sola? Lo manderesti in un gattile? Da solo, in un ambiente a lui completamente estraneo, in mezzo a persone a cui non importa nulla di lui, ma solo di liberarsene il prima possibile? E se lo adottasse qualcuno che in realtà non lo vuole e finisse per maltrattarlo? »
Lance rimase per un attimo senza parole: uno sfogo del genere era l'ultima cosa che si aspettava.
« Stiamo ancora parlando del gatto? » si ritrovò a chiedere, confuso.
C'era un risentimento tale in quelle parole che dubitava si riferissero solamente a quell'episodio, per quanto spiacevole.
Keith non gli rispose, si alzò e lasciò la sala d'attesa, uscendo direttamente in strada.
Un attimo dopo, Romelle uscì dall'ambulatorio e gli riconsegnò il gattino.
« Sta bene. » disse. « È solo un po' denutrito, ma è abbastanza normale per un randagio. Vi consiglio di curare con attenzione la sua alimentazione se decidete di tenerlo. Altrimenti posso darvi l'indirizzo di alcune strutture che si occupano di trovatelli. A proposito, dov'è finito Keith? »
« È uscito a prendere un po' d'aria, questa storia l'ha scosso più di quanto pensassi. » rispose Lance, più preoccupato per la reazione del suo ragazzo che per il gatto.
Romelle annuì, comprensiva, e continuò con le sue spiegazioni su come alimentare un cucciolo, finendo per lasciargli anche un paio di volantini di gattili gestiti da volontari che avrebbero potuto accoglierlo.
Lance la ringraziò, accettò il panno in cui aveva avvolto il gattino e uscì tenendolo in braccio.
Keith lo aspettava appoggiato al muro accanto all'ingresso, con espressione cupa.
« Ehi. » lo chiamò a voce bassa, per attirare la sua attenzione. « Va tutto bene? Scusami, sono stato indiscreto a farti quella domanda. »
Keith si voltò a guardarlo, sospirò e la sua espressione si rilassò.
« No, hai ragione. Non so cosa mi sia preso, non avrei dovuto reagire in quel modo. Me la sono presa con te che stavi solo dicendo cose sensate, scusami. »
Lance scosse la testa, con un sorriso, e gli mostrò il fagottino che teneva in braccio.
« Ormai è tardi per portarlo da qualche parte, stasera resterà con noi e abbiamo tutto il weekend per decidere cosa fare. Ci assicureremo che stia bene e sia al sicuro. »
Keith prese il cucciolo dalle sue braccia e, inaspettatamente, gli posò un bacio leggero sulla guancia.
« Grazie. »
« Oh, no. Nonono. Non esiste. Lance, no. Ci cacceranno di casa. »
« Andiamo, non è così grave. Troveremo un modo. »
Da quando erano rientrati, Lance stava tentando di blandire un irremovibile Hunk per convincerlo a dare al gattino una possibilità. Il tutto lontano dalle orecchie di Keith, che si era chiuso in camera sua con la bestiola.
« Per Keith è una questione delicata, ho l'impressione che si senta fin troppo coinvolto. Sai, abbandoni, genitori morti e cose del genere. Dice sempre che non gl'importa del passato, ma avresti dovuto vederlo da Romelle, non sembrava neanche lui. Hunk, per favore, non remarmi contro in questa cosa. »
Hunk incrociò le braccia e si appoggiò al bancone della cucina con un sospiro.
« Non ho niente contro i gatti e quello che avete portato a casa è senza dubbio adorabile. Adorerei averlo qui, così come sarei solo felice di vedere Keith contento, ma se mister Zarkon lo verrà a sapere, saranno guai per tutti. » disse, ragionevolmente. « E io ti voglio bene, Lance, e voglio bene a Keith, ma ad essere brutalmente sincero voglio più bene a un tetto sopra la testa per gli anni di accademia che mi rimangono. »
Hunk era la voce della ragione e Lance era perfettamente consapevole che quelle obiezioni fossero più che sensate. Mister Zarkon, il proprietario del condominio, che a volte vedevano andare e venire dall'appartamento al piano di sopra, accanto a quello di Shiro, non era certo il padrone di casa più malleabile del mondo. Il rischio di trovarsi in mezzo alla strada per aver trasgredito le regole era più che concreto, ma non riusciva comunque a levarsi dalla testa l'espressione affranta di Keith mentre stringeva il cucciolo alla notizia della morte della madre.
« Dammi solo questo weekend, Hunk. Troverò una soluzione, parlerò con Allura, anche con mister Zarkon se necessario, ma non voglio vedere Keith fare quella faccia. Non riesco a sopportarlo. Chissà cos'ha passato da piccolo in quello schifo di orfanotrofio! »
Quelle parole sembrarono convincere Hunk, che accennò un sorriso.
« D'accordo, d'accordo, hai vinto. Ti aiuterò in questa battaglia contro i mulini a vento. Ora fila a chiedere a Keith cosa vuole per cena e cosa mangerà quella bestiola prima che cambi idea. »
Lance non se lo fece ripetere due volte e marciò deciso verso la stanza del fidanzato, soddisfatto per quella sua prima vittoria.
Quando non ottenne risposta, dopo aver bussato un paio di volte, aprì lentamente la porta e scoprì Keith seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla parete e il gattino acciambellato in grembo.
« Si è addormentato. » sussurrò alzando lo sguardo verso Lance, in un invito a raggiungerlo.
Lance si sedette sul materasso accanto a lui, accarezzando appena con un dito la testolina della bestiola.
« Sembra a suo agio. » mormorò con un sorriso intenerito.
« Già. È strano, vero? Di solito sono tutti a disagio con me, invece Blue mi si è affezionato subito. »
« Ehi, io non sono affatto a disagio con te... aspetta. Blue? Gli hai dato un nome? »
Keith annuì, con un sorriso appena accennato.
« Ma... ma è nero. »
« Ha gli occhi blu come i tuoi. » fu la risposta, data come se niente fosse, che fece arrossire Lance miseramente mentre tossicchiava per darsi un contegno.
« Sì, ehm... Ero venuto per sapere se avevi preferenze per cena. Hunk si sta mettendo a cucinare. »
Keith sembrò compiaciuto e vagamente divertito dal suo imbarazzo, ma scosse piano la testa.
« Nessuna preferenza, anche se mi dispiace alzarmi e svegliarlo. »
In un qualsiasi altro contesto Lance probabilmente si sarebbe seccato, avrebbe risposto di mollare il gatto e andare a tavola come una persona civile. Tuttavia Keith rappresentava l'eccezione a qualsiasi sua regola e l'espressione tenera che gli vedeva dipinta sul volto azzerava ogni sua resistenza.
« Posso portarti qualcosa qui, se vuoi. » si ritrovò a proporre ancora prima di rendersene conto.
« Lo faresti davvero? » chiese Keith, illuminandosi.
Per vederlo sorridere in quel modo, Lance sarebbe stato disposto a portargli la Luna stessa in quella stanza.
« Tutto quello che il mio gattino chiede. » esclamò, chinandosi a schioccagli un bacio sulle labbra.
La mattina successiva Lance si svegliò accanto a Keith, con Blue che gli passeggiava sulla faccia.
Un suono lamentoso lasciò le sue labbra mentre si costringeva a buttare i piedi giù dal letto per andare a scaldare un po' di latte per il gattino e preparare la colazione per sé e i coinquilini.
Era sabato mattina, avrebbe solo voluto rimanere a letto a crogiolarsi nel calore di Keith e a farsi coccolare, ma evidentemente il nuovo membro della famiglia non era dello stesso avviso.
Lanciando un ultimo sguardo di ripianto alle coperte e al fidanzato addormentato, scivolò quindi fuori dalla stanza, seguito da un batuffolino zampettante, e si apprestò a darsi da fare ai fornelli.
Quel giorno avrebbe parlato con Allura per trovare una soluzione riguardo al loro nuovo amico, si era preparato una sorta di discorso per convincerla ad aiutarli, ma non poteva essere certo che avrebbe funzionato. In ogni caso avrebbe dovuto prepararsi a un rifiuto, alla possibilità concreta di dover dire addio al cucciolo e, cosa anche peggiore, avrebbe dovuto fare in modo che Keith accettasse tutto questo.
La sera prima Hunk aveva chiesto l'aiuto di Shay, che adorava gli animali e a volte lavorava come volontaria nelle strutture di accoglienza per randagi. La ragazza era stata più che entusiasta di indicarne loro un paio di valide e sicure, lasciando addirittura i numeri di telefono dei proprietari. Non era la soluzione ottimale, ma era comunque da tenere in considerazione.
Sperava che, comunque si sarebbe risolta quella faccenda, Keith non finisse per uscirne ferito.
Preparata la colazione, Lance passò alla doccia, continuando per tutto il tempo a ragionare su come approcciare il discorso in modo che fosse il meno doloroso possibile, dopotutto nemmeno lui sarebbe riuscito ad abbandonare come se nulla fosse quella palletta di pelo color fuliggine.
Mentre si apprestava ad uscire dal bagno, con addosso il suo accappatoio preferito, si fermò istintivamente sulla porta sentendo qualcuno parlare al di là.
Era indubbiamente la voce di Keith, ma così bassa e leggera che gli era impossibile capire cosa stesse dicendo. Per questo, incuriosito, si accostò all'uscio per dare un'occhiata ed essere certo di non interrompere nulla uscendo.
Keith stava passeggiando lentamente per la stanza tenendo Blue tra le braccia, come se si fosse trattato di un bambino, e gli parlava con voce pacata e intrisa di tristezza.
« … Quindi mi hanno detto che da quel momento in poi quella sarebbe stata la mia casa. Io non capivo, ero troppo piccolo, volevo solo la mia mamma e tornare a casa mia. Non conoscevo quel posto e me ne volevo andare, ma mi hanno detto che non era possibile, che non c'era più nessuno che potesse badare a me. Una volta hanno provato a mandarmi da una nuova famiglia ma non è andata bene. Non erano persone cattive, ma non sono certo che mi volessero davvero. Una volta li ho sentiti parlare di un sussidio che ricevevano per avermi preso in casa, credo mi tenessero per soldi. Mi hanno rimandato all'orfanotrofio molto presto, dicevano che ero ingestibile e che volevano qualcuno di più tranquillo. »
Keith sollevò una mano e si allontanò i capelli dagli occhi, fu in quel momento che Lance si rese conto che erano lucidi.
« Alla fine ho capito che nessuno si sarebbe preso cura di me perché mi voleva davvero, che dovevo imparare a badare a me stesso. Ci è voluto un po' di tempo, ma ci sono riuscito, sono diventato indipendente e me ne sono andato. E ho trovato qualcuno che mi ama per quello che sono. Ora sei triste perché non c'è più la tua mamma, ma ti prometto che ci prenderemo cura noi di te. Non ti lasceremo da solo. Crescerai e diventerai un gatto bellissimo di cui la tua mamma sarebbe fiera. Tutte le mamme sono fiere dei loro bambini... »
Keith abbassò la testa e affondò il volto nel pelo del gattino.
Lance, dietro la porta, si sentì stringere il cuore e prese istantaneamente una decisione: cascasse il mondo, avrebbe trovato il modo di far tenere a Keith quel gatto.
Allura lo stava fissando con quegli incredibili occhi azzurri sotto le sopracciglia aggrottate, l'espressione corrucciata che la faceva sembrare molto più giovane della sua età.
« Non mettermi in difficoltà, Lance. » disse, con il tono di chi avrebbe fatto di tutto per non trovarsi in una situazione del genere.
« Credimi, è l'ultima cosa che vorrei. » rispose il ragazzo, sfoderando a sua volta la sua migliore espressione da cucciolo abbandonato. « Però Keith si è affezionato tantissimo a quel gattino e non ho cuore di portarlo in un gattile. È adorabile e bellissimo, sono sicuro che se lo vedessi te ne innamoreresti anche tu. »
« Non devi nemmeno dirlo, Allura adora i gattini! » urlò Coran dalla cucina, guadagnandosi un'occhiataccia della nipote. « Questa casa rischia ogni giorno di diventare un rifugio per trovatelli! »
A quelle parole Lance ebbe la certezza di avere la vittoria in tasca: era andato a casa di Allura convinto di dover combattere per convincere l'amministratrice ad appoggiare la sua causa, ma a quanto sembrava sarebbe bastato poco per averla dalla sua parte.
La ragazza accavallò le gambe e appoggiò il mento su una mano, sistemandosi più comodamente sul divano dove era seduta.
« Ho provato più volte a convincere mister Zarkon a cambiare la regola che vieta la presenza di animali nel palazzo, ma non ha mai voluto ascoltarmi. Sembra quasi che abbia un odio particolare per i gatti. »
« È esattamente così. »
L'esclamazione di Lotor li raggiunse mentre il giovane si univa a loro dalla cucina, seguito da Coran che portava un vassoio con le tazzine di caffè.
Il fidanzato di Allura, che ultimamente passava più tempo a casa sua che nel proprio appartamento, era anche il figlio del proprietario del palazzo e per questo un nuovo potenziale alleato per Lance.
« Com'è possibile odiare i gatti?! » si scandalizzò la ragazza. « È praticamente contro natura! »
Lotor si accomodò al suo fianco, sorseggiando la propria tazza di caffè e alzando le spalle con espressione rassegnata.
« Colpa di Kova, suppongo, il gatto di mia madre. Lei l'ha sempre adorato e anch'io gli sono molto affezionato. Credo che mio padre sia sempre stato geloso di lui e quando lei se n'è andata ne abbia fatto una sorta di capro espiatorio della loro crisi. » spiegò.
Lance non era al corrente nello specifico della situazione famigliare di Lotor, tutto quello che aveva intuito era che i suoi genitori stessero attraversando una crisi che aveva portato a una separazione. Non era chiaro se il motivo fosse da ricercare nella fissazione per la ricerca scientifica di sua madre o nelle mire imprenditoriali di suo padre, in ogni caso dare la colpa a un gatto gli sembrava assurdo.
Allura sembrò riflettere a sua volta su quelle parole.
« Però avevi detto che di recente tua madre era tornata a farsi viva, vero? Che c'era la possibilità di una riconciliazione. »
Lotor annuì con un mezzo sorriso.
« Si vede lontano un miglio che sono innamorati persi, sono solo troppo testardi per scusarsi a vicenda. »
« Questo dimostra che non è affatto colpa del gatto! » esclamò Lance, balzando in piedi. « Quindi se tu provassi a parlare con tuo padre e mettessi una buona parola per noi, se gli dicessi che dimostrare a tua madre che ama gli animali potrebbe essere un incentivo a farla tornare a casa, allora forse...! »
« Non provare a tirarmi in mezzo in tutto questo. Non subirò le invettive gratuite di mio padre e le sue lamentele su quanto mia madre gli abbia spezzato il cuore solo perché Keith ha dei problemi a gestire il suo passato. »
« Questo non è... » iniziò Lance, ma venne interrotto a Allura, che intervenne con un sorriso serafico.
« Se è per questo, Keith non è l'unico a faticare a venire a patti con il suo passato. Andiamo, pensa a quanto sarebbe bello se anche noi potessimo adottare un gattino. Se potessi tenere qui Kova o addirittura avere una sua cucciolata. »
Era un colpo basso, si rese conto Lance, bassissimo, ma il risultato fu che l'angolo dell'occhio destro di Lotor vibrò leggermente prima che lui si voltasse e le sorridesse amabilmente.
« Se ci tieni così tanto farò un tentativo, ma sappi che lo faccio solo per te e per il nostro futuro allevamento, non certo per il gatto randagio del piano di sopra. E con gatto randagio non intendo certo il cucciolo. »
Lance incassò l'insulto non troppo velato con un'espressione trionfante: Lotor poteva atteggiarsi quanto voleva, la verità era che lui aveva appena raggiunto il suo scopo.
Quella sera, dopo cena, Keith si stupì di sentir suonare alla porta. Non aspettavano nessuno e sulle prime pensò si trattasse di Pidge o di Shiro, venuti a conoscere il nuovo membro della famiglia.
Quando però si trovò davanti Lotor, istintivamente strinse di più Blue che gli si era addormentato in braccio.
« Sono solo venuto a dirti che il tuo gatto può restare e che in cambio, per colpa tua, dovrò sorbirmi una cena con entrambi i miei genitori che paranoieranno come due adolescenti. Ti perdono solamente perché questo cambiamento nelle regole tornerà utile anche a me. » disse il giovane, spostando dietro l'orecchio una lunga ciocca candida con un gesto vagamente snob.
Keith lo fissò stupito, senza capire appieno a cosa si stesse riferendo, salvo poi voltarsi verso Lance quando lo sentì esclamare dalla cucina: « Prego, Lotor, non c'è di che! Siamo felici di essere stati lo spunto per dare il via al progetto tuo e di Allura di darvi all'allevamento, nonché di essere motivo di riconciliazione della tua famiglia. Non devi ringraziarci, l'abbiamo fatto volentieri! »
Quando lo raggiunse nell'ingresso, asciugandosi le mani nel grembiule dopo aver finito di lavare i piatti, Lotor era già in fondo al pianerottolo.
Lance fece un grattino tra le orecchie a Blue e si sporse in avanti a baciare Keith, che ricambiò nonostante la confusione.
« Non ho capito cosa sia successo ma so che c'è il tuo zampino e mi basta questo. Hai fatto in modo che potessimo tenere Blue nonostante il regolamento di condominio? »
« Ho fatto di meglio, Kitty. Ho fatto cambiare il regolamento, così Blue potrà restare con noi e nessuno si sentirà solo e abbandonato. »
Keith ebbe la netta impressione che quelle ultime parole non fossero riferite solamente al gattino che riposava tra le sue braccia e amò Lance ancora di più per quell'ennesima dimostrazione di premura e cura nei suoi confronti.
« Grazie. » mormorò, appoggiandosi a lui in cerca di nuovo contatto e sorridendo quando Lance lo accolse tra le braccia, baciandolo di nuovo.
« Qualunque cosa per rendere felici i miei gattini. »
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Rating: verde
Personaggi: Lance McClain, Keith Kogane, Voltron cast
Pairings: Keith/Lance, Allura/Lotor
Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Parte della Friends!AU.
Scritta per il contest di Fanwriter.it "Non dire gatto se..." Prompt 32. A salva un gattino orfano e lo porta nel proprio appartamento, anche se le regole del condominio vietano animali.
Word count: 3946
« Avresti dovuto vedere la faccia di Iverson! Non ci credeva neanche lui che avessi fatto quel punteggio, ha ricontrollato tre volte perché era convinto che il simulatore avesse fatto un errore. So che avrei dovuto sentirmi offeso, voglio dire, che significa che non è possibile che abbia fatto un punteggio pari al tuo? Per quanto tu sia un genio e tutto, s'intende. Però, ehi, ero troppo felice di aver superato quel test per badare al fatto che qualcuno non ci credesse. »
Lance stava chiacchierando a macchinetta da almeno mezz'ora da quando avevano lasciato l'accademia.
Le giornate iniziavano ad allungarsi, l'aria si era fatta più tiepida, segno che la primavera stava finalmente arrivando, ed era per quello che lui e Keith avevano deciso di rientrare a piedi invece di prendere il solito autobus. Passeggiare per la città mano nella mano, in tutta tranquillità, poteva essere piacevole.
Keith accennò un sorriso e annuì di fronte a tutto quell'entusiasmo.
« Sono fiero di te. Iverson dovrà farsi una ragione di avere in classe uno dei piloti più promettenti dell'accademia. »
« Dopo di te. » sottolineò Lance.
« Già, dopo di me. »
« Non osare darmi ragione con quell'aria soddisfatta! Piccolo arrogante che non sei al... »
Le parole di Lance vennero interrotte da un urlo e un improvviso stridio di freni. Il fracasso di un motorino che si schiantava a terra attirò la loro attenzione, spingendoli a precipitarsi verso l'incidente, pochi metri più avanti.
Il ragazzo alla guida si stava già rialzando, zoppicando per la botta e massaggiandosi la nuca.
« Ehi! Stai bene? Niente di rotto? » chiese Lance andandogli incontro. « Vuoi che chiamiamo un'ambulanza? »
Quello si voltò verso di loro, scuotendo piano la testa.
« No, grazie, amico. Sto bene. Per fortuna avevo il casco e andavo piano, è stata solo una botta. Qualcosa è saltato sulla strada e... Ugh! Guarda la carrozzeria! Quei graffi mi costeranno un sacco! »
Lamentandosi, il giovanotto sollevò il motorino e provò a rimetterlo in moto. Il motore borbottò ma alla fine partì.
« Ti consiglio comunque di farti vedere da un dottore per sicurezza. Con le cadute non si sa mai. »
L'altro si rimise il casco e sollevò il pollice.
« Lo farò di certo, amico. Grazie ancora. »
Mentre quello si allontanava, Lance sentì la voce di Keith chiamarlo con un tono angosciato che non aveva mai sentito prima. Allarmato, si voltò verso il suo ragazzo e lo vide accucciato a terra di fronte alla forma inerte di un gatto, steso sull'asfalto.
« Dev'essere lui che ha spaventato il motociclista. Come sta? »
Keith scosse la testa con espressione affranta.
« Non lo so, non riesco a capire. Sembra che respiri, ma... »
All'improvviso si zittì e voltò la testa di scatto verso l'altro lato della strada.
« Che succede...? »
« Ssh! »
Keith gli appoggiò un dito sulle labbra, zittendolo.
Ascoltando con attenzione, sopra il rumore delle macchine che passavano, anche Lance riuscì finalmente a sentire quello che aveva attirato l'attenzione del compagno: un sottile miagolio, appena percettibile.
« È una gatta e quello che piange è sicuramente il suo cucciolo. Dobbiamo andare a prenderlo! »
« Sono gatti randagi, Keith, non credo che... » tentò di obiettare Lance, ma l'altro aveva già sollevato l'animale investito e stava attraversando la strada.
« Non lascerò da solo un cucciolo che rischia di perdere la madre! » fu la risposta, alla quale Lance non poté che annuire.
Trovarono effettivamente un gattino dall'altra parte della strada, dietro uno scatolone all'angolo di un vicolo. Tremava e miagolava più forte che poteva, rizzando il pelo, nero come quello della madre.
Per un paio di volte sfuggì alle mani di Lance, ma quando infine riuscì a prenderlo, gli si raggomitolò addosso, attaccandosi alla sua maglietta con le piccole unghie affilate.
« C'è in fondo alla strada lo studio dell'amica veterinaria di Allura, portiamoli da lei. » propose. « Forse potrà curare la madre e trovare loro una casa. »
Keith annuì, abbassando lo sguardo ansioso sulla gatta che teneva in braccio per poi rialzarlo verso Lance. Era chiaro che nessuno dei due credeva davvero a quell'ipotesi, ma la speranza era l'ultima a morire.
La speranza si spense quando videro la veterinaria uscire dalla sala interventi dove aveva portato la gatta investita.
La dottoressa, una ragazza di nome Romelle, che li aveva accolti con un sorriso gentile, aveva ora un'espressione triste che rese immediatamente chiaro cosa fosse successo.
« Mi dispiace. » disse comunque. « Ho fatto tutto quello che ho potuto, ma gli organi interni erano gravemente lesionati. Non sarebbe sopravvissuta in ogni caso. »
Lance vide gli occhi di Keith farsi enormi e increduli, lo osservò scuotere piano la testa e abbassare lo sguardo sul gattino che gli si era addormentato in grembo.
« Sei rimasto solo... » mormorò con voce bassa e spezzata.
Lance temette, per un terribile istante, che stesse per piangere. Non l'aveva mai visto in quello stato.
Invece Keith rialzò gli occhi e si rivolse direttamente alla veterinaria.
« Grazie per averci almeno provato, Romelle. Potresti visitare anche questo piccino? Poi lo porteremo a casa. »
La ragazza annuì, prendendo il cucciolo dalle sue mani e tornando in ambulatorio.
Lance invece lo scosse per una spalla, nel tentativo di farlo ragionare.
« Cosa stai dicendo? Non possiamo portarlo a casa. Il regolamento di condominio lo vieta. Se anche Allura ci coprisse, se venisse fuori finirebbe nei guai anche lei, senza contare che in casa con noi c'è anche Hunk. Non possiamo prendere una decisione del genere senza consultarlo. »
Lance odiava fare la parte di quello razionale, gli si spezzava il cuore davanti a quella situazione e all'espressione disperata di Keith, ma era anche consapevole che non fosse una scelta da fare alla leggera. Si trattava di decidere per una piccola vita e lui non era affatto certo che sarebbero stati in grado di prendersene cura.
Per tutta risposta, Keith gli rivolse uno sguardo più deciso che mai.
« Saresti davvero pronto ad abbandonare una creatura che non ha più nessuno al mondo? Che probabilmente non è nemmeno in grado di sopravvivere da sola? Lo manderesti in un gattile? Da solo, in un ambiente a lui completamente estraneo, in mezzo a persone a cui non importa nulla di lui, ma solo di liberarsene il prima possibile? E se lo adottasse qualcuno che in realtà non lo vuole e finisse per maltrattarlo? »
Lance rimase per un attimo senza parole: uno sfogo del genere era l'ultima cosa che si aspettava.
« Stiamo ancora parlando del gatto? » si ritrovò a chiedere, confuso.
C'era un risentimento tale in quelle parole che dubitava si riferissero solamente a quell'episodio, per quanto spiacevole.
Keith non gli rispose, si alzò e lasciò la sala d'attesa, uscendo direttamente in strada.
Un attimo dopo, Romelle uscì dall'ambulatorio e gli riconsegnò il gattino.
« Sta bene. » disse. « È solo un po' denutrito, ma è abbastanza normale per un randagio. Vi consiglio di curare con attenzione la sua alimentazione se decidete di tenerlo. Altrimenti posso darvi l'indirizzo di alcune strutture che si occupano di trovatelli. A proposito, dov'è finito Keith? »
« È uscito a prendere un po' d'aria, questa storia l'ha scosso più di quanto pensassi. » rispose Lance, più preoccupato per la reazione del suo ragazzo che per il gatto.
Romelle annuì, comprensiva, e continuò con le sue spiegazioni su come alimentare un cucciolo, finendo per lasciargli anche un paio di volantini di gattili gestiti da volontari che avrebbero potuto accoglierlo.
Lance la ringraziò, accettò il panno in cui aveva avvolto il gattino e uscì tenendolo in braccio.
Keith lo aspettava appoggiato al muro accanto all'ingresso, con espressione cupa.
« Ehi. » lo chiamò a voce bassa, per attirare la sua attenzione. « Va tutto bene? Scusami, sono stato indiscreto a farti quella domanda. »
Keith si voltò a guardarlo, sospirò e la sua espressione si rilassò.
« No, hai ragione. Non so cosa mi sia preso, non avrei dovuto reagire in quel modo. Me la sono presa con te che stavi solo dicendo cose sensate, scusami. »
Lance scosse la testa, con un sorriso, e gli mostrò il fagottino che teneva in braccio.
« Ormai è tardi per portarlo da qualche parte, stasera resterà con noi e abbiamo tutto il weekend per decidere cosa fare. Ci assicureremo che stia bene e sia al sicuro. »
Keith prese il cucciolo dalle sue braccia e, inaspettatamente, gli posò un bacio leggero sulla guancia.
« Grazie. »
« Oh, no. Nonono. Non esiste. Lance, no. Ci cacceranno di casa. »
« Andiamo, non è così grave. Troveremo un modo. »
Da quando erano rientrati, Lance stava tentando di blandire un irremovibile Hunk per convincerlo a dare al gattino una possibilità. Il tutto lontano dalle orecchie di Keith, che si era chiuso in camera sua con la bestiola.
« Per Keith è una questione delicata, ho l'impressione che si senta fin troppo coinvolto. Sai, abbandoni, genitori morti e cose del genere. Dice sempre che non gl'importa del passato, ma avresti dovuto vederlo da Romelle, non sembrava neanche lui. Hunk, per favore, non remarmi contro in questa cosa. »
Hunk incrociò le braccia e si appoggiò al bancone della cucina con un sospiro.
« Non ho niente contro i gatti e quello che avete portato a casa è senza dubbio adorabile. Adorerei averlo qui, così come sarei solo felice di vedere Keith contento, ma se mister Zarkon lo verrà a sapere, saranno guai per tutti. » disse, ragionevolmente. « E io ti voglio bene, Lance, e voglio bene a Keith, ma ad essere brutalmente sincero voglio più bene a un tetto sopra la testa per gli anni di accademia che mi rimangono. »
Hunk era la voce della ragione e Lance era perfettamente consapevole che quelle obiezioni fossero più che sensate. Mister Zarkon, il proprietario del condominio, che a volte vedevano andare e venire dall'appartamento al piano di sopra, accanto a quello di Shiro, non era certo il padrone di casa più malleabile del mondo. Il rischio di trovarsi in mezzo alla strada per aver trasgredito le regole era più che concreto, ma non riusciva comunque a levarsi dalla testa l'espressione affranta di Keith mentre stringeva il cucciolo alla notizia della morte della madre.
« Dammi solo questo weekend, Hunk. Troverò una soluzione, parlerò con Allura, anche con mister Zarkon se necessario, ma non voglio vedere Keith fare quella faccia. Non riesco a sopportarlo. Chissà cos'ha passato da piccolo in quello schifo di orfanotrofio! »
Quelle parole sembrarono convincere Hunk, che accennò un sorriso.
« D'accordo, d'accordo, hai vinto. Ti aiuterò in questa battaglia contro i mulini a vento. Ora fila a chiedere a Keith cosa vuole per cena e cosa mangerà quella bestiola prima che cambi idea. »
Lance non se lo fece ripetere due volte e marciò deciso verso la stanza del fidanzato, soddisfatto per quella sua prima vittoria.
Quando non ottenne risposta, dopo aver bussato un paio di volte, aprì lentamente la porta e scoprì Keith seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla parete e il gattino acciambellato in grembo.
« Si è addormentato. » sussurrò alzando lo sguardo verso Lance, in un invito a raggiungerlo.
Lance si sedette sul materasso accanto a lui, accarezzando appena con un dito la testolina della bestiola.
« Sembra a suo agio. » mormorò con un sorriso intenerito.
« Già. È strano, vero? Di solito sono tutti a disagio con me, invece Blue mi si è affezionato subito. »
« Ehi, io non sono affatto a disagio con te... aspetta. Blue? Gli hai dato un nome? »
Keith annuì, con un sorriso appena accennato.
« Ma... ma è nero. »
« Ha gli occhi blu come i tuoi. » fu la risposta, data come se niente fosse, che fece arrossire Lance miseramente mentre tossicchiava per darsi un contegno.
« Sì, ehm... Ero venuto per sapere se avevi preferenze per cena. Hunk si sta mettendo a cucinare. »
Keith sembrò compiaciuto e vagamente divertito dal suo imbarazzo, ma scosse piano la testa.
« Nessuna preferenza, anche se mi dispiace alzarmi e svegliarlo. »
In un qualsiasi altro contesto Lance probabilmente si sarebbe seccato, avrebbe risposto di mollare il gatto e andare a tavola come una persona civile. Tuttavia Keith rappresentava l'eccezione a qualsiasi sua regola e l'espressione tenera che gli vedeva dipinta sul volto azzerava ogni sua resistenza.
« Posso portarti qualcosa qui, se vuoi. » si ritrovò a proporre ancora prima di rendersene conto.
« Lo faresti davvero? » chiese Keith, illuminandosi.
Per vederlo sorridere in quel modo, Lance sarebbe stato disposto a portargli la Luna stessa in quella stanza.
« Tutto quello che il mio gattino chiede. » esclamò, chinandosi a schioccagli un bacio sulle labbra.
La mattina successiva Lance si svegliò accanto a Keith, con Blue che gli passeggiava sulla faccia.
Un suono lamentoso lasciò le sue labbra mentre si costringeva a buttare i piedi giù dal letto per andare a scaldare un po' di latte per il gattino e preparare la colazione per sé e i coinquilini.
Era sabato mattina, avrebbe solo voluto rimanere a letto a crogiolarsi nel calore di Keith e a farsi coccolare, ma evidentemente il nuovo membro della famiglia non era dello stesso avviso.
Lanciando un ultimo sguardo di ripianto alle coperte e al fidanzato addormentato, scivolò quindi fuori dalla stanza, seguito da un batuffolino zampettante, e si apprestò a darsi da fare ai fornelli.
Quel giorno avrebbe parlato con Allura per trovare una soluzione riguardo al loro nuovo amico, si era preparato una sorta di discorso per convincerla ad aiutarli, ma non poteva essere certo che avrebbe funzionato. In ogni caso avrebbe dovuto prepararsi a un rifiuto, alla possibilità concreta di dover dire addio al cucciolo e, cosa anche peggiore, avrebbe dovuto fare in modo che Keith accettasse tutto questo.
La sera prima Hunk aveva chiesto l'aiuto di Shay, che adorava gli animali e a volte lavorava come volontaria nelle strutture di accoglienza per randagi. La ragazza era stata più che entusiasta di indicarne loro un paio di valide e sicure, lasciando addirittura i numeri di telefono dei proprietari. Non era la soluzione ottimale, ma era comunque da tenere in considerazione.
Sperava che, comunque si sarebbe risolta quella faccenda, Keith non finisse per uscirne ferito.
Preparata la colazione, Lance passò alla doccia, continuando per tutto il tempo a ragionare su come approcciare il discorso in modo che fosse il meno doloroso possibile, dopotutto nemmeno lui sarebbe riuscito ad abbandonare come se nulla fosse quella palletta di pelo color fuliggine.
Mentre si apprestava ad uscire dal bagno, con addosso il suo accappatoio preferito, si fermò istintivamente sulla porta sentendo qualcuno parlare al di là.
Era indubbiamente la voce di Keith, ma così bassa e leggera che gli era impossibile capire cosa stesse dicendo. Per questo, incuriosito, si accostò all'uscio per dare un'occhiata ed essere certo di non interrompere nulla uscendo.
Keith stava passeggiando lentamente per la stanza tenendo Blue tra le braccia, come se si fosse trattato di un bambino, e gli parlava con voce pacata e intrisa di tristezza.
« … Quindi mi hanno detto che da quel momento in poi quella sarebbe stata la mia casa. Io non capivo, ero troppo piccolo, volevo solo la mia mamma e tornare a casa mia. Non conoscevo quel posto e me ne volevo andare, ma mi hanno detto che non era possibile, che non c'era più nessuno che potesse badare a me. Una volta hanno provato a mandarmi da una nuova famiglia ma non è andata bene. Non erano persone cattive, ma non sono certo che mi volessero davvero. Una volta li ho sentiti parlare di un sussidio che ricevevano per avermi preso in casa, credo mi tenessero per soldi. Mi hanno rimandato all'orfanotrofio molto presto, dicevano che ero ingestibile e che volevano qualcuno di più tranquillo. »
Keith sollevò una mano e si allontanò i capelli dagli occhi, fu in quel momento che Lance si rese conto che erano lucidi.
« Alla fine ho capito che nessuno si sarebbe preso cura di me perché mi voleva davvero, che dovevo imparare a badare a me stesso. Ci è voluto un po' di tempo, ma ci sono riuscito, sono diventato indipendente e me ne sono andato. E ho trovato qualcuno che mi ama per quello che sono. Ora sei triste perché non c'è più la tua mamma, ma ti prometto che ci prenderemo cura noi di te. Non ti lasceremo da solo. Crescerai e diventerai un gatto bellissimo di cui la tua mamma sarebbe fiera. Tutte le mamme sono fiere dei loro bambini... »
Keith abbassò la testa e affondò il volto nel pelo del gattino.
Lance, dietro la porta, si sentì stringere il cuore e prese istantaneamente una decisione: cascasse il mondo, avrebbe trovato il modo di far tenere a Keith quel gatto.
Allura lo stava fissando con quegli incredibili occhi azzurri sotto le sopracciglia aggrottate, l'espressione corrucciata che la faceva sembrare molto più giovane della sua età.
« Non mettermi in difficoltà, Lance. » disse, con il tono di chi avrebbe fatto di tutto per non trovarsi in una situazione del genere.
« Credimi, è l'ultima cosa che vorrei. » rispose il ragazzo, sfoderando a sua volta la sua migliore espressione da cucciolo abbandonato. « Però Keith si è affezionato tantissimo a quel gattino e non ho cuore di portarlo in un gattile. È adorabile e bellissimo, sono sicuro che se lo vedessi te ne innamoreresti anche tu. »
« Non devi nemmeno dirlo, Allura adora i gattini! » urlò Coran dalla cucina, guadagnandosi un'occhiataccia della nipote. « Questa casa rischia ogni giorno di diventare un rifugio per trovatelli! »
A quelle parole Lance ebbe la certezza di avere la vittoria in tasca: era andato a casa di Allura convinto di dover combattere per convincere l'amministratrice ad appoggiare la sua causa, ma a quanto sembrava sarebbe bastato poco per averla dalla sua parte.
La ragazza accavallò le gambe e appoggiò il mento su una mano, sistemandosi più comodamente sul divano dove era seduta.
« Ho provato più volte a convincere mister Zarkon a cambiare la regola che vieta la presenza di animali nel palazzo, ma non ha mai voluto ascoltarmi. Sembra quasi che abbia un odio particolare per i gatti. »
« È esattamente così. »
L'esclamazione di Lotor li raggiunse mentre il giovane si univa a loro dalla cucina, seguito da Coran che portava un vassoio con le tazzine di caffè.
Il fidanzato di Allura, che ultimamente passava più tempo a casa sua che nel proprio appartamento, era anche il figlio del proprietario del palazzo e per questo un nuovo potenziale alleato per Lance.
« Com'è possibile odiare i gatti?! » si scandalizzò la ragazza. « È praticamente contro natura! »
Lotor si accomodò al suo fianco, sorseggiando la propria tazza di caffè e alzando le spalle con espressione rassegnata.
« Colpa di Kova, suppongo, il gatto di mia madre. Lei l'ha sempre adorato e anch'io gli sono molto affezionato. Credo che mio padre sia sempre stato geloso di lui e quando lei se n'è andata ne abbia fatto una sorta di capro espiatorio della loro crisi. » spiegò.
Lance non era al corrente nello specifico della situazione famigliare di Lotor, tutto quello che aveva intuito era che i suoi genitori stessero attraversando una crisi che aveva portato a una separazione. Non era chiaro se il motivo fosse da ricercare nella fissazione per la ricerca scientifica di sua madre o nelle mire imprenditoriali di suo padre, in ogni caso dare la colpa a un gatto gli sembrava assurdo.
Allura sembrò riflettere a sua volta su quelle parole.
« Però avevi detto che di recente tua madre era tornata a farsi viva, vero? Che c'era la possibilità di una riconciliazione. »
Lotor annuì con un mezzo sorriso.
« Si vede lontano un miglio che sono innamorati persi, sono solo troppo testardi per scusarsi a vicenda. »
« Questo dimostra che non è affatto colpa del gatto! » esclamò Lance, balzando in piedi. « Quindi se tu provassi a parlare con tuo padre e mettessi una buona parola per noi, se gli dicessi che dimostrare a tua madre che ama gli animali potrebbe essere un incentivo a farla tornare a casa, allora forse...! »
« Non provare a tirarmi in mezzo in tutto questo. Non subirò le invettive gratuite di mio padre e le sue lamentele su quanto mia madre gli abbia spezzato il cuore solo perché Keith ha dei problemi a gestire il suo passato. »
« Questo non è... » iniziò Lance, ma venne interrotto a Allura, che intervenne con un sorriso serafico.
« Se è per questo, Keith non è l'unico a faticare a venire a patti con il suo passato. Andiamo, pensa a quanto sarebbe bello se anche noi potessimo adottare un gattino. Se potessi tenere qui Kova o addirittura avere una sua cucciolata. »
Era un colpo basso, si rese conto Lance, bassissimo, ma il risultato fu che l'angolo dell'occhio destro di Lotor vibrò leggermente prima che lui si voltasse e le sorridesse amabilmente.
« Se ci tieni così tanto farò un tentativo, ma sappi che lo faccio solo per te e per il nostro futuro allevamento, non certo per il gatto randagio del piano di sopra. E con gatto randagio non intendo certo il cucciolo. »
Lance incassò l'insulto non troppo velato con un'espressione trionfante: Lotor poteva atteggiarsi quanto voleva, la verità era che lui aveva appena raggiunto il suo scopo.
Quella sera, dopo cena, Keith si stupì di sentir suonare alla porta. Non aspettavano nessuno e sulle prime pensò si trattasse di Pidge o di Shiro, venuti a conoscere il nuovo membro della famiglia.
Quando però si trovò davanti Lotor, istintivamente strinse di più Blue che gli si era addormentato in braccio.
« Sono solo venuto a dirti che il tuo gatto può restare e che in cambio, per colpa tua, dovrò sorbirmi una cena con entrambi i miei genitori che paranoieranno come due adolescenti. Ti perdono solamente perché questo cambiamento nelle regole tornerà utile anche a me. » disse il giovane, spostando dietro l'orecchio una lunga ciocca candida con un gesto vagamente snob.
Keith lo fissò stupito, senza capire appieno a cosa si stesse riferendo, salvo poi voltarsi verso Lance quando lo sentì esclamare dalla cucina: « Prego, Lotor, non c'è di che! Siamo felici di essere stati lo spunto per dare il via al progetto tuo e di Allura di darvi all'allevamento, nonché di essere motivo di riconciliazione della tua famiglia. Non devi ringraziarci, l'abbiamo fatto volentieri! »
Quando lo raggiunse nell'ingresso, asciugandosi le mani nel grembiule dopo aver finito di lavare i piatti, Lotor era già in fondo al pianerottolo.
Lance fece un grattino tra le orecchie a Blue e si sporse in avanti a baciare Keith, che ricambiò nonostante la confusione.
« Non ho capito cosa sia successo ma so che c'è il tuo zampino e mi basta questo. Hai fatto in modo che potessimo tenere Blue nonostante il regolamento di condominio? »
« Ho fatto di meglio, Kitty. Ho fatto cambiare il regolamento, così Blue potrà restare con noi e nessuno si sentirà solo e abbandonato. »
Keith ebbe la netta impressione che quelle ultime parole non fossero riferite solamente al gattino che riposava tra le sue braccia e amò Lance ancora di più per quell'ennesima dimostrazione di premura e cura nei suoi confronti.
« Grazie. » mormorò, appoggiandosi a lui in cerca di nuovo contatto e sorridendo quando Lance lo accolse tra le braccia, baciandolo di nuovo.
« Qualunque cosa per rendere felici i miei gattini. »