Writing Game #3
Sep. 29th, 2017 10:20 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Rating: verde
Personaggi: Keith Kogane, Pidge Gunderson/Katie Holt
Pairings: Keith/Pidge
Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Uhm... Writing game? Kisses challenge? Quello che è. Promt: 19. Shy kiss, 73. Height Difference Kisses Where One Person Has To Bend Do Wn And The Other Is On Their Tippy Toes.
Per Giorgia.
Word count: 834 (fdp)
Era iniziato tutto nel modo più banale. Keith era andato a cercarla nel suo laboratorio, per un problema alla barriera di particelle. Pidge, che come sempre quando aveva del tempo libero, stava compiendo ricerche per individuare la posizione di suo padre e suo fratello, gli aveva detto che intendeva andare in ricognizione nel pianeta vicino. Da sola.
Avevano subito da poco un attacco, i dintorni non erano ancora sicuri, e Keith, ovviamente, le aveva risposto che era una follia.
Nessuno dei due avrebbe saputo spiegare com'erano finiti ad urlarsi in faccia in quel modo. Forse era stato per quel tentativo di imporre la propria volontà, forse per la brusca reazione di Pidge: la situazione era degenerata ed erano volate parole grosse.
« Pensi solo a te stessa e ai tuoi problemi, non sei cambiata di una virgola! Metti sempre la salvezza di due persone davanti a quella di tutto l'universo! »
« Io penso solo ai miei problemi?! Forse sono l'unica qui dentro a ragionare come una persona normale! Ma cosa vuoi saperne di famiglie disperse, tu che una famiglia non ce l'hai? Chi è il vero egocentrico, qui?! »
Era stata come una pugnalata.
Keith le aveva voltato le spalle ed era uscito dalla stanza senza aggiungere altro. Se ci fosse stata una porta, l'avrebbe volentieri sbattuta.
Era andato a rifugiarsi nella sala d'allenamento dove, per l'ora successiva, si era sfiancato combattendo contro un droide, non con il suo bayard ma con la spada di Marmora.
Provava ancora sentimenti contrastanti per quella lama magica che mutava nelle sue mani, ma una cosa la sapeva: quando la impugnava non agiva come Paladino di Voltron, ma come... non lo sapeva bene nemmeno lui, probabilmente orfano mezzosangue arrabbiato con l'intero universo.
Si era allenato, aveva combattuto, fino a non avere più fiato, ripetendosi che Pidge era una stupida, che non capiva nulla di lui. Ogni volta che tentava di proteggerla, lei finiva per urlargli contro e scatenare una lite furibonda.
Solo a sessione finita, mentre respirava affannato, con la schiena appoggiata ad una parete, ritrovò sufficiente lucidità per rendersi conto che non era Pidge a urlare contro di lui, ma il contrario. Era lui ad aggredirla verbalmente, perché non era in grado di spiegare quanto si preoccupasse per lei. Il resto era solo una conseguenza.
Le sue parole gli avevano fatto del male, ma sarebbe stato un ipocrita se avesse affermato che erano false. Pidge era una persona pragmatica, sapeva essere tagliente, ma difficilmente quello che diceva non corrispondeva al vero. Che Keith non potesse capire il suo affanno perché, di fatto, non aveva una famiglia, era la pura e semplice verità: aveva poco senso che reagisse come quello ferito nell’orgoglio.
Se solo lei fosse stata più ragionevole e avesse smesso di voler andare allo sbaraglio per i fatti propri! Era pericoloso, perché non lo capiva?
No, Keith, no. Mantieni la calma, ci stai cascando di nuovo.
Pidge non aveva bisogno di qualcuno che la ostacolasse, che le impedisse costantemente di seguire i propri desideri. La persona al suo fianco avrebbe dovuto appoggiarla e sostenerla, e Keith voleva essere quella persona.
Sospirò e si passò una mano tra i capelli umidi: se avesse continuato così, avrebbe solo fatto del male a entrambi.
Si alzò, infilò alla cintura la lama tornata alle dimensioni di un coltello, e lasciò la sala.
Trovò Pidge sul ponte di comando, dopo averla cercata per tutti i laboratori e le sale dove erano soliti riunirsi. Era appoggiata alla console principale, lo sguardo rivolto verso la grande vetrata e le stelle al di là. Si voltò appena quando lo sentì arrivare.
« La barriera di particelle è a posto, non era necessario che venissi a controllare. » disse, con un tono di voce piuttosto freddo.
« Non sono venuto per quello. » rispose Keith, soppesando le parole. « Ci ho pensato e... insomma... credo di doverti delle scuse. »
Pidge inclinò la testa, ma mantenne lo sguardo verso l'esterno.
« Credi, eh? »
La sua voce aveva perso il tono accusatorio.
« Già, e ho pensato anche che potrei accompagnarti nella ricognizione, per guardarti le spalle nel caso qualcosa dovesse andare storto. »
A quelle parole vide la tensione rilasciarsi dalle sue spalle e la posa farsi meno rigida.
Keith si fece coraggio, si chinò in avanti e le posò un bacio leggero su una guancia, che portò lui ad arrossire ancora prima di Pidge. Non era portato per quel genere di cose e si augurò di non sembrare troppo fuori luogo.
Il sorriso di Pidge, mentre si voltava verso di lui, gli scaldò il cuore, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che lei si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulle labbra.
« Ti chiedo scusa anch'io, stavolta ho davvero esagerato. »
Rimase così, con le braccia avvolte attorno al suo collo e un'espressione birichina.
« Allora! » esclamò, quindi, più allegramente. « Sembra proprio che il capitano Gunderson ti abbia appena reclutato per la missione, cadetto. »