fairy_circles (
fairy_circles) wrote2014-06-18 12:24 am
![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
[Free!] Iwatobi & Samezuka summer camp (cap. 01)
Titolo: Iwatobi & Samezuka summer camp
Fandom: Free! - Iwatobi Swim Club
Rating: verde
Personaggi: Makoto Tachibana, Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Pairings: Rin/Haruka
Riassunto: "Rin aveva il vizio di irrompere nelle vite altrui, che fosse volontariamente o meno, e stravolgerle."
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation.
Note: Post prima stagione.
Beta:
mystofthestars
Word count: 2376 (fdp)
La mattinata era fresca e luminosa, caratterizzata dal dolce profumo dei tigli, le cui foglie appena umide di rugiada spargevano nell’aria un vago sentore di miele. Essendo un giorno festivo le strade erano pressoché deserte e il silenzio regnava sovrano tra le piccole case tradizionali abbarbicate sul fianco della collina. Gli unici rumori percepibili erano il cinguettio degli uccelli, lo sciacquio delle onde in lontananza, qualche rara macchina di passaggio nel viale più in basso e il tranquillo scalpiccio delle suole delle loro scarpe.
Makoto si era alzato di buon’ora ma, come da programma, aveva faticato a scollarsi di dosso i gemellini Ren e Ran, offesi perché non invitati al campo estivo. Fortunatamente, quando aveva imboccato la scala che avrebbe dovuto portarlo a casa di Haru, aveva trovato l’amico già in attesa sui gradini e aveva tirato un sospiro di sollievo: se si fosse trattato di tirarlo fuori dalla vasca da bagno, avrebbero corso il rischio di arrivare in ritardo all’appuntamento.
Ora stavano camminando in silenzio, respirando il tenue profumo dei fiori e della salsedine proveniente dal lungomare ormai vicino. Haruka sembrava assorto in qualche genere di pensiero, o forse era solamente assonnato per via della levataccia, in ogni caso Makoto non sentiva tensione attorno a lui e questo, automaticamente, lo faceva sentire a sua volta tranquillo e a proprio agio. Era incredibile come l’umore di Haruka, per qualche oscuro motivo, avesse questa enorme influenza sulla sua visione della giornata. Nei giorni precedenti si era preoccupato che quell’improvvisa variazione nel programma delle loro vacanze estive potesse aver in qualche modo disturbato l’amico, non tanto per l’attività in sé stessa, quanto piuttosto per la compagnia in cui si sarebbero trovati: Haruka era molto più sereno da quando aveva avuto occasione di parlare con Rin prima dell’ultima staffetta, ma in ogni caso non si erano visti spesso dopo l’accaduto e Makoto temeva un qualche strascico del precedente disagio. Lui stesso non si sentiva completamente tranquillo in presenza di Rin e faticava a consideralo nuovamente l’amico spensierato di un tempo, considerando le troppe volte in cui lo aveva visto denigrare quel legame e ferire Haruka per i propri egoistici motivi. Tuttavia era felice del riavvicinamento e sperava che le cose sarebbero andate migliorando nel tempo, soprattutto perché Haru stesso non era affatto il tipo da portare rancore.
Assorto in quei pensieri, aveva finito per non pronunciare una parola per tutta la strada e, quando giunsero in vista della stazione, notò il gruppetto che già era radunato vicino alle porte: Amakata-sensei e il coach Sasabe discutevano con Rei e Nagisa (e le esclamazioni del biondo si sentivano fin da quella distanza), mentre Gou e Chigusa erano circondate dalla squadra della Samezuka, Mikoshiba in testa, che sembrava farle una corte spietata già di prima mattina. Automaticamente i suoi occhi si misero in cerca dell’unico elemento che mancava all’appello e dopo un attimo lo individuarono un po’ discosto dal gruppo, con lo sguardo rivolto verso il mare. Rin aveva un’espressione tranquilla, quasi nostalgica, completamente diversa da quella irritata che si era abituato a vedergli in volto negli ultimi mesi. Fissava le onde in lontananza con le ciglia leggermente abbassate e i capelli rossi che ondeggiavano dolcemente nella brezza.
Makoto tentennò un istante, indeciso se raggiungere il gruppetto dell’Iwatobi o l’amico solitario, e il suo sguardo corse come sempre ad Haruka. Il moro non diede segno di averlo notato, non indugiò e non si fermò, si diresse dritto in direzione di Rin, con passo tranquillo e come se quella fosse la cosa più ovvia da fare. Makoto, dal canto suo, sospirò mentre sulle sue labbra aleggiava l’ombra di un sorriso e si accinse a raggiungere Rei e Nagisa.
La carrozza dove erano alloggiati i due club si riempì ben presto di risa e allegri schiamazzi, tanto che quella in corso poteva tranquillamente apparire ad un occhio esterno come una spensierata gita scolastica. I posti a sedere erano stati assegnati in base alla scuola di appartenenza ma, ovviamente, vennero subito rimescolati. In questo modo, Amakata-sensei e il coatch Sasabe si ritrovarono a chiacchierare con l’insegnante responsabile del club della Samezuka, Gou e Chigusa vennero allegramente circondate di nuovo dai ragazzi, con grande disappunto di Mikoshiba, e Nagisa attaccò bottone con chiunque gli capitasse a tiro, trascinando il povero Rei in conversazioni surreali. Rin era seduto accanto a Nitori, che quel giorno sembrava avere una parlantina più sciolta del solito e, se in un primo momento erano stati a loro volta vittime di Nagisa, dopo un po’ il rosso si era appisolato con la testa appoggiata al finestrino.
Makoto sedeva accanto ad Haruka, come da programma, e sulle prime aveva tentato di chiacchierare un po’ di argomenti innocui come il tempo o gli allenamenti che li aspettavano. L’amico però sembrava disinteressato alle sue parole e, in generale, a tutto quello che lo circondava. Nemmeno Nagisa era riuscito a renderlo partecipe della confusione circostante, ma questa non era una novità, anzi Makoto si stupiva che non si fosse ancora alzato e non avesse cambiato vagone alla ricerca di maggiore tranquillità. Probabilmente il motivo era molto più semplice di quanto si potesse pensare ed era seduto un paio di file più avanti: Haruka, infatti, non distoglieva mai per troppo tempo lo sguardo da Rin, quasi temesse, per assurdo, di poterlo perdere di vista. Considerando tutto quello che avevano passato, Makoto poteva comprendere quel sentimento, anche se ancora faticava ad accettarlo completamente, quindi si stupì meno del previsto quando vide Haru aprire la borsa ed estrarne l’album da disegno. Sapeva bene che quando il suo amico d’infanzia aveva bisogno di rilassarsi e non aveva a disposizione la sua amata piscina, quello del disegno era l’universo in cui preferiva rifugiarsi, con ottimi risultati oltretutto. Seguì con la coda dell’occhio la mano che si muoveva agile sul foglio, fingendo di disinteressarsene, consapevole che certe attenzioni avrebbero solo finito per infastidire Haru, ma allo stesso tempo curioso del risultato: probabilmente non gli sarebbe stato mai mostrato, ma poteva immaginarne la perfezione.
«Haru-chan, cosa fai?! »
La voce squillante di Nagisa, alle loro spalle e del tutto inaspettata, li fece sobbalzare entrambi, mentre Haruka si bloccava con una mano a mezz’aria, come se fosse stato indeciso se nascondere o meno lo schizzo.
«Nagisa-kun, non importunare le persone. » lo riprese Rei, in modo piuttosto inutile.
Il biondino infatti lo ignorò completamente, concentrato su quello che aveva appena visto.
«Waaahh, ma è bellissimo! » esclamò entusiasta. «É un ritratto di Rin-chan! »
A quelle parole una buona parte degli occupanti della carrozza si voltò nella loro direzione con espressioni incuriosite e, per reazione, Haruka distolse lo sguardo fissandolo ostentatamente fuori dal finestrino.
Makoto, che ne comprendeva l’imbarazzo ma era a sua volta curioso, si risolse a dare un’occhiata al foglio e scoprì un abbozzo molto ben riuscito dell’espressione pacifica che aveva assunto Rin nel sonno e la particolare cura nel definire i particolari delle ciglia abbassate o dei capelli che gli ricadevano sugli occhi.
«É davvero molto bello, Haru. » riconobbe con un sorriso, mentre notava come ogni tratto sembrasse ricalcare un sentimento di dolcezza verso il soggetto.
Per tutta risposta, Haruka richiuse l’album da disegno con un gesto secco.
«É solo una sciocchezza. » commentò lapidario.
Chiunque altro se la sarebbe presa a male per quella reazione, ma Makoto lo conosceva fin troppo bene e ne sorrise teneramente: Haruka stava dimostrando un interesse che non si sarebbe aspettato, anzi era stato certo che, una volta appianati i dissidi, il ragazzo sarebbe tornato a vivere nel suo mondo di tranquillità e silenzio. Rin però aveva il vizio di irrompere nelle vite altrui, che fosse volontariamente o meno, e stravolgerle. Makoto non avrebbe saputo dire se in futuro quella sarebbe stata una cosa positiva o meno, se Haruka sarebbe stato più felice o no, e questo suo malgrado lo preoccupava. Non avrebbe interferito, non ne aveva il diritto, ma di certo non poteva ignorare la cosa.
Entrare nella camera del residence che era stata loro assegnata, suscitò in Makoto una sorta di dejà vu e anche una discreta nostalgia: non era passato poi così tanto tempo da quando avevano soggiornato in hotel la sera prima delle gare regionali, eppure il ragazzo non poteva fare a meno di ricordare quel particolare con un discreto senso di malinconia. Difficilmente avrebbe potuto dimenticare il batticuore che aveva provato quella sera e le parole di Haruka che lo avevano scatenato. Erano state parole gentili, portatrici di un sentimento che, si era convinto in seguito, le sue orecchie ed il suo cuore dovevano aver travisato, finendo per crearsi delle illusioni che avevano assai poche speranze di realizzarsi.
Adesso come allora, Makoto sedeva sul letto mentre Haruka si rinfrescava in bagno. Tuttavia le parole d’esordio del moro furono completamente diverse.
«Rin starà bene? » disse come parlando a sé stesso.
Makoto si stupì per l’ennesima volta di quella preoccupazione, si domandò se avesse notato l’espressione un po’ sciupata dell’amico quella mattina e se il dubbio fosse dovuto a quello.
«Starà benone. » lo rassicurò. «Probabilmente ha solo dormito poco stanotte a causa del caldo. »
Era una scusa come un’altra e, anche se poco plausibile, era adatta al momento. Infatti Haru lasciò cadere l’argomento e tornò quello di sempre, chiedendo quando sarebbe stato possibile vedere la piscina e magari anche nuotare.
Makoto sorrise e rispose che, appena si fossero sistemati, nulla vietava loro di andare a dare un’occhiata.
L’acqua della piscina risplendeva fresca e invitante oltre la porta a vetri, solo debolmente illuminata da alcuni faretti azzurri sul fondo della vasca. Se non fosse stato per quel debole divisorio, Haruka si sarebbe già tuffato, ma purtroppo non sarebbe stato possibili accedere ai locali fino alla mattina successiva. La scoperta infastidì il ragazzo che, sulle prime, sembrò intenzionato a tornarsene in camera, ma successivamente cambiò idea e avvertì Makoto dell’intenzione di fare un po’ di jogging prima di coricarsi.
«Vengo con te. » si offrì subito l’amico, sollecito, ma Haruka scosse la testa: voleva solo correre un po’ intorno all’isolato, non era necessario che qualcuno lo accompagnasse, inoltre di certo Nagisa e Rei lo stavano cercando.
Ovviamente si guardò bene dal pronunciare tutte quelle parole, ma Makoto sembrò capire ugualmente, perché sorrise, annuì e tornò ad incamminarsi in direzione del residence.
Haruka rimase ancora qualche minuto a contemplare le acque invitanti ed inaccessibili oltre il vetro e solo dopo un discreto sforzo di volontà riuscì a costringere sé stesso ad allontanarsi. Iniziò davvero con l’intenzione di fare soltanto un breve giro dell’isolato, ma presto si rese conto che correre lo rilassava e lo distraeva da pensieri che avevano iniziato ad affollargli la mente. Era successo esattamente quando Nagisa aveva fatto notare ad alta voce il soggetto del suo disegno: fino a quel momento Haru non vi aveva fatto particolarmente caso, lasciando che la mano si muovesse autonomamente sul foglio, senza badarvi troppo. Il fatto però che qualcuno avesse sottolineato quello che stava rappresentando, lo aveva costretto a rifletterci sopra, anche se questo non aveva portato a nessuna conclusione sensata. Aveva ritratto Rin perché ne aveva voglia, perché era il primo soggetto disponibile, perché era semplicemente sulla sua linea visiva. Poco importava che attorno vi fossero decine di altre persone.
Accantonando bruscamente quel pensiero e tacciandolo come inconcludente, si concentrò sul movimento delle gambe e ben presto si rese conto di essersi lasciato alle spalle la struttura che ospitava gli impianti sportivi mentre davanti ai suoi occhi si stendeva la spiaggia. Lo sciacquio delle onde si rivelò un’attrattiva irresistibile e, un attimo dopo, Haruka affondava i piedi nudi nella sabbia. Era una serata tranquilla e la spiaggia era deserta, non vi era traccia dei turisti che, armati di sdraio e ombrelloni, con molta probabilità l’affollavano di giorno. La sabbia era ancora calda, l’acqua era fresca e la luna si specchiava sulla superficie, il tutto sprofondato in un silenzio perfetto. Per questo quando avvertì dei passi affrettati alle sue spalle, Haruka reagì quasi con un moto di stizza ed era già sul punto di andarsene quando riconobbe la persona che si stava avvicinano.
«Haru?! » esclamò Rin, stupito.
Il moro tornò a sedersi sulla sabbia, le gambe distese in modo che le piccole onde gli lambissero i piedi e, come si aspettava, l’amico si sedette accanto a lui: Rin non sapeva distinguere il momento per andarsene e quello per rimanere, era sempre stato così, e Haruka aveva smesso di sperarci.
«Che ci fai qui? Pensavo fossi con Makoto e gli altri. » continuò infatti.
«Ascoltavo l’acqua. »
Haruka non aveva nessuna voglia di spiegargli cosa lo tormentava e sul perché si stava arrovellando, quindi molto meglio semplificare con una risposta del genere.
Come c’era da aspettarsi, Rin assunse l’espressione che significava circa “Di cosa diavolo stai parlando?” e subito dopo si sedette accanto a lui. Se fosse rimasto in silenzio sarebbe stato perfetto, ma ovviamente era pretendere troppo.
«Beh, comunque capiti a proposito. » iniziò infatti Rin. «C’era una cosa che volevo chiederti. »
Il suo sguardo scivolò su tutta la figura di Haruka, indugiando sulla borsa che il ragazzo portava ancora a tracolla.
Il moro gli lanciò un’occhiata apparentemente disinteressata e tornò a concentrarsi sulle onde, chiedendosi dove volesse andare a parare.
«Il disegno. Sul treno. »
Haruka sospirò.
«Eri sveglio? »
«Sarebbe stato difficile dormire con il chiasso che faceva Nagisa e poi non volevo infierire. »
«Quindi vuoi farlo ora? »
«Cos…? No! »
Rin iniziava ad agitarsi, ma si trattava di quel tipo di agitazione che, sotto sotto, un po’ divertiva Haruka.
«Però vorrei… Insomma, sono il soggetto, quindi…»
Haruka lo interruppe, iniziando a frugare nella borsa ed estraendone il blocco da disegno. Strappò il primo foglio e lo allungò all’amico.
«Ecco. Puoi tenerlo. »
«Volevo solo vederlo! »
«Se non lo vuoi, buttalo. »
«Che cosa orribile! Non lo farei mai! »
Haruka avrebbe voluto ribattere che di cose orribili Rin ne aveva già fatte in abbondanza nel recente passato, ma il lieve rossore che sfiorò le guance del ragazzo e gli occhi spalancati fissi sul foglio gli bloccarono le parole in gola. Rin era bello, era davvero bello con quell’espressione stupita, e Haru avrebbe voluto avere una matita per immortalare quel momento. Invece non l’aveva, per questo tornò a voltarsi verso il mare con espressione imbronciata, percependo più che vedendo il sorriso che si allargava sulle labbra del rosso.
«É bello. » disse, quasi facendo eco ai suoi pensieri. «Grazie. »
«É una sciocchezza. » ribadì Haruka come aveva già fatto sul treno, ma questa volta anche sulle sue labbra, a ben vedere, aleggiava l’ombra di un sorriso.
Fandom: Free! - Iwatobi Swim Club
Rating: verde
Personaggi: Makoto Tachibana, Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Pairings: Rin/Haruka
Riassunto: "Rin aveva il vizio di irrompere nelle vite altrui, che fosse volontariamente o meno, e stravolgerle."
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation.
Note: Post prima stagione.
Beta:

Word count: 2376 (fdp)
La mattinata era fresca e luminosa, caratterizzata dal dolce profumo dei tigli, le cui foglie appena umide di rugiada spargevano nell’aria un vago sentore di miele. Essendo un giorno festivo le strade erano pressoché deserte e il silenzio regnava sovrano tra le piccole case tradizionali abbarbicate sul fianco della collina. Gli unici rumori percepibili erano il cinguettio degli uccelli, lo sciacquio delle onde in lontananza, qualche rara macchina di passaggio nel viale più in basso e il tranquillo scalpiccio delle suole delle loro scarpe.
Makoto si era alzato di buon’ora ma, come da programma, aveva faticato a scollarsi di dosso i gemellini Ren e Ran, offesi perché non invitati al campo estivo. Fortunatamente, quando aveva imboccato la scala che avrebbe dovuto portarlo a casa di Haru, aveva trovato l’amico già in attesa sui gradini e aveva tirato un sospiro di sollievo: se si fosse trattato di tirarlo fuori dalla vasca da bagno, avrebbero corso il rischio di arrivare in ritardo all’appuntamento.
Ora stavano camminando in silenzio, respirando il tenue profumo dei fiori e della salsedine proveniente dal lungomare ormai vicino. Haruka sembrava assorto in qualche genere di pensiero, o forse era solamente assonnato per via della levataccia, in ogni caso Makoto non sentiva tensione attorno a lui e questo, automaticamente, lo faceva sentire a sua volta tranquillo e a proprio agio. Era incredibile come l’umore di Haruka, per qualche oscuro motivo, avesse questa enorme influenza sulla sua visione della giornata. Nei giorni precedenti si era preoccupato che quell’improvvisa variazione nel programma delle loro vacanze estive potesse aver in qualche modo disturbato l’amico, non tanto per l’attività in sé stessa, quanto piuttosto per la compagnia in cui si sarebbero trovati: Haruka era molto più sereno da quando aveva avuto occasione di parlare con Rin prima dell’ultima staffetta, ma in ogni caso non si erano visti spesso dopo l’accaduto e Makoto temeva un qualche strascico del precedente disagio. Lui stesso non si sentiva completamente tranquillo in presenza di Rin e faticava a consideralo nuovamente l’amico spensierato di un tempo, considerando le troppe volte in cui lo aveva visto denigrare quel legame e ferire Haruka per i propri egoistici motivi. Tuttavia era felice del riavvicinamento e sperava che le cose sarebbero andate migliorando nel tempo, soprattutto perché Haru stesso non era affatto il tipo da portare rancore.
Assorto in quei pensieri, aveva finito per non pronunciare una parola per tutta la strada e, quando giunsero in vista della stazione, notò il gruppetto che già era radunato vicino alle porte: Amakata-sensei e il coach Sasabe discutevano con Rei e Nagisa (e le esclamazioni del biondo si sentivano fin da quella distanza), mentre Gou e Chigusa erano circondate dalla squadra della Samezuka, Mikoshiba in testa, che sembrava farle una corte spietata già di prima mattina. Automaticamente i suoi occhi si misero in cerca dell’unico elemento che mancava all’appello e dopo un attimo lo individuarono un po’ discosto dal gruppo, con lo sguardo rivolto verso il mare. Rin aveva un’espressione tranquilla, quasi nostalgica, completamente diversa da quella irritata che si era abituato a vedergli in volto negli ultimi mesi. Fissava le onde in lontananza con le ciglia leggermente abbassate e i capelli rossi che ondeggiavano dolcemente nella brezza.
Makoto tentennò un istante, indeciso se raggiungere il gruppetto dell’Iwatobi o l’amico solitario, e il suo sguardo corse come sempre ad Haruka. Il moro non diede segno di averlo notato, non indugiò e non si fermò, si diresse dritto in direzione di Rin, con passo tranquillo e come se quella fosse la cosa più ovvia da fare. Makoto, dal canto suo, sospirò mentre sulle sue labbra aleggiava l’ombra di un sorriso e si accinse a raggiungere Rei e Nagisa.
La carrozza dove erano alloggiati i due club si riempì ben presto di risa e allegri schiamazzi, tanto che quella in corso poteva tranquillamente apparire ad un occhio esterno come una spensierata gita scolastica. I posti a sedere erano stati assegnati in base alla scuola di appartenenza ma, ovviamente, vennero subito rimescolati. In questo modo, Amakata-sensei e il coatch Sasabe si ritrovarono a chiacchierare con l’insegnante responsabile del club della Samezuka, Gou e Chigusa vennero allegramente circondate di nuovo dai ragazzi, con grande disappunto di Mikoshiba, e Nagisa attaccò bottone con chiunque gli capitasse a tiro, trascinando il povero Rei in conversazioni surreali. Rin era seduto accanto a Nitori, che quel giorno sembrava avere una parlantina più sciolta del solito e, se in un primo momento erano stati a loro volta vittime di Nagisa, dopo un po’ il rosso si era appisolato con la testa appoggiata al finestrino.
Makoto sedeva accanto ad Haruka, come da programma, e sulle prime aveva tentato di chiacchierare un po’ di argomenti innocui come il tempo o gli allenamenti che li aspettavano. L’amico però sembrava disinteressato alle sue parole e, in generale, a tutto quello che lo circondava. Nemmeno Nagisa era riuscito a renderlo partecipe della confusione circostante, ma questa non era una novità, anzi Makoto si stupiva che non si fosse ancora alzato e non avesse cambiato vagone alla ricerca di maggiore tranquillità. Probabilmente il motivo era molto più semplice di quanto si potesse pensare ed era seduto un paio di file più avanti: Haruka, infatti, non distoglieva mai per troppo tempo lo sguardo da Rin, quasi temesse, per assurdo, di poterlo perdere di vista. Considerando tutto quello che avevano passato, Makoto poteva comprendere quel sentimento, anche se ancora faticava ad accettarlo completamente, quindi si stupì meno del previsto quando vide Haru aprire la borsa ed estrarne l’album da disegno. Sapeva bene che quando il suo amico d’infanzia aveva bisogno di rilassarsi e non aveva a disposizione la sua amata piscina, quello del disegno era l’universo in cui preferiva rifugiarsi, con ottimi risultati oltretutto. Seguì con la coda dell’occhio la mano che si muoveva agile sul foglio, fingendo di disinteressarsene, consapevole che certe attenzioni avrebbero solo finito per infastidire Haru, ma allo stesso tempo curioso del risultato: probabilmente non gli sarebbe stato mai mostrato, ma poteva immaginarne la perfezione.
«Haru-chan, cosa fai?! »
La voce squillante di Nagisa, alle loro spalle e del tutto inaspettata, li fece sobbalzare entrambi, mentre Haruka si bloccava con una mano a mezz’aria, come se fosse stato indeciso se nascondere o meno lo schizzo.
«Nagisa-kun, non importunare le persone. » lo riprese Rei, in modo piuttosto inutile.
Il biondino infatti lo ignorò completamente, concentrato su quello che aveva appena visto.
«Waaahh, ma è bellissimo! » esclamò entusiasta. «É un ritratto di Rin-chan! »
A quelle parole una buona parte degli occupanti della carrozza si voltò nella loro direzione con espressioni incuriosite e, per reazione, Haruka distolse lo sguardo fissandolo ostentatamente fuori dal finestrino.
Makoto, che ne comprendeva l’imbarazzo ma era a sua volta curioso, si risolse a dare un’occhiata al foglio e scoprì un abbozzo molto ben riuscito dell’espressione pacifica che aveva assunto Rin nel sonno e la particolare cura nel definire i particolari delle ciglia abbassate o dei capelli che gli ricadevano sugli occhi.
«É davvero molto bello, Haru. » riconobbe con un sorriso, mentre notava come ogni tratto sembrasse ricalcare un sentimento di dolcezza verso il soggetto.
Per tutta risposta, Haruka richiuse l’album da disegno con un gesto secco.
«É solo una sciocchezza. » commentò lapidario.
Chiunque altro se la sarebbe presa a male per quella reazione, ma Makoto lo conosceva fin troppo bene e ne sorrise teneramente: Haruka stava dimostrando un interesse che non si sarebbe aspettato, anzi era stato certo che, una volta appianati i dissidi, il ragazzo sarebbe tornato a vivere nel suo mondo di tranquillità e silenzio. Rin però aveva il vizio di irrompere nelle vite altrui, che fosse volontariamente o meno, e stravolgerle. Makoto non avrebbe saputo dire se in futuro quella sarebbe stata una cosa positiva o meno, se Haruka sarebbe stato più felice o no, e questo suo malgrado lo preoccupava. Non avrebbe interferito, non ne aveva il diritto, ma di certo non poteva ignorare la cosa.
Entrare nella camera del residence che era stata loro assegnata, suscitò in Makoto una sorta di dejà vu e anche una discreta nostalgia: non era passato poi così tanto tempo da quando avevano soggiornato in hotel la sera prima delle gare regionali, eppure il ragazzo non poteva fare a meno di ricordare quel particolare con un discreto senso di malinconia. Difficilmente avrebbe potuto dimenticare il batticuore che aveva provato quella sera e le parole di Haruka che lo avevano scatenato. Erano state parole gentili, portatrici di un sentimento che, si era convinto in seguito, le sue orecchie ed il suo cuore dovevano aver travisato, finendo per crearsi delle illusioni che avevano assai poche speranze di realizzarsi.
Adesso come allora, Makoto sedeva sul letto mentre Haruka si rinfrescava in bagno. Tuttavia le parole d’esordio del moro furono completamente diverse.
«Rin starà bene? » disse come parlando a sé stesso.
Makoto si stupì per l’ennesima volta di quella preoccupazione, si domandò se avesse notato l’espressione un po’ sciupata dell’amico quella mattina e se il dubbio fosse dovuto a quello.
«Starà benone. » lo rassicurò. «Probabilmente ha solo dormito poco stanotte a causa del caldo. »
Era una scusa come un’altra e, anche se poco plausibile, era adatta al momento. Infatti Haru lasciò cadere l’argomento e tornò quello di sempre, chiedendo quando sarebbe stato possibile vedere la piscina e magari anche nuotare.
Makoto sorrise e rispose che, appena si fossero sistemati, nulla vietava loro di andare a dare un’occhiata.
L’acqua della piscina risplendeva fresca e invitante oltre la porta a vetri, solo debolmente illuminata da alcuni faretti azzurri sul fondo della vasca. Se non fosse stato per quel debole divisorio, Haruka si sarebbe già tuffato, ma purtroppo non sarebbe stato possibili accedere ai locali fino alla mattina successiva. La scoperta infastidì il ragazzo che, sulle prime, sembrò intenzionato a tornarsene in camera, ma successivamente cambiò idea e avvertì Makoto dell’intenzione di fare un po’ di jogging prima di coricarsi.
«Vengo con te. » si offrì subito l’amico, sollecito, ma Haruka scosse la testa: voleva solo correre un po’ intorno all’isolato, non era necessario che qualcuno lo accompagnasse, inoltre di certo Nagisa e Rei lo stavano cercando.
Ovviamente si guardò bene dal pronunciare tutte quelle parole, ma Makoto sembrò capire ugualmente, perché sorrise, annuì e tornò ad incamminarsi in direzione del residence.
Haruka rimase ancora qualche minuto a contemplare le acque invitanti ed inaccessibili oltre il vetro e solo dopo un discreto sforzo di volontà riuscì a costringere sé stesso ad allontanarsi. Iniziò davvero con l’intenzione di fare soltanto un breve giro dell’isolato, ma presto si rese conto che correre lo rilassava e lo distraeva da pensieri che avevano iniziato ad affollargli la mente. Era successo esattamente quando Nagisa aveva fatto notare ad alta voce il soggetto del suo disegno: fino a quel momento Haru non vi aveva fatto particolarmente caso, lasciando che la mano si muovesse autonomamente sul foglio, senza badarvi troppo. Il fatto però che qualcuno avesse sottolineato quello che stava rappresentando, lo aveva costretto a rifletterci sopra, anche se questo non aveva portato a nessuna conclusione sensata. Aveva ritratto Rin perché ne aveva voglia, perché era il primo soggetto disponibile, perché era semplicemente sulla sua linea visiva. Poco importava che attorno vi fossero decine di altre persone.
Accantonando bruscamente quel pensiero e tacciandolo come inconcludente, si concentrò sul movimento delle gambe e ben presto si rese conto di essersi lasciato alle spalle la struttura che ospitava gli impianti sportivi mentre davanti ai suoi occhi si stendeva la spiaggia. Lo sciacquio delle onde si rivelò un’attrattiva irresistibile e, un attimo dopo, Haruka affondava i piedi nudi nella sabbia. Era una serata tranquilla e la spiaggia era deserta, non vi era traccia dei turisti che, armati di sdraio e ombrelloni, con molta probabilità l’affollavano di giorno. La sabbia era ancora calda, l’acqua era fresca e la luna si specchiava sulla superficie, il tutto sprofondato in un silenzio perfetto. Per questo quando avvertì dei passi affrettati alle sue spalle, Haruka reagì quasi con un moto di stizza ed era già sul punto di andarsene quando riconobbe la persona che si stava avvicinano.
«Haru?! » esclamò Rin, stupito.
Il moro tornò a sedersi sulla sabbia, le gambe distese in modo che le piccole onde gli lambissero i piedi e, come si aspettava, l’amico si sedette accanto a lui: Rin non sapeva distinguere il momento per andarsene e quello per rimanere, era sempre stato così, e Haruka aveva smesso di sperarci.
«Che ci fai qui? Pensavo fossi con Makoto e gli altri. » continuò infatti.
«Ascoltavo l’acqua. »
Haruka non aveva nessuna voglia di spiegargli cosa lo tormentava e sul perché si stava arrovellando, quindi molto meglio semplificare con una risposta del genere.
Come c’era da aspettarsi, Rin assunse l’espressione che significava circa “Di cosa diavolo stai parlando?” e subito dopo si sedette accanto a lui. Se fosse rimasto in silenzio sarebbe stato perfetto, ma ovviamente era pretendere troppo.
«Beh, comunque capiti a proposito. » iniziò infatti Rin. «C’era una cosa che volevo chiederti. »
Il suo sguardo scivolò su tutta la figura di Haruka, indugiando sulla borsa che il ragazzo portava ancora a tracolla.
Il moro gli lanciò un’occhiata apparentemente disinteressata e tornò a concentrarsi sulle onde, chiedendosi dove volesse andare a parare.
«Il disegno. Sul treno. »
Haruka sospirò.
«Eri sveglio? »
«Sarebbe stato difficile dormire con il chiasso che faceva Nagisa e poi non volevo infierire. »
«Quindi vuoi farlo ora? »
«Cos…? No! »
Rin iniziava ad agitarsi, ma si trattava di quel tipo di agitazione che, sotto sotto, un po’ divertiva Haruka.
«Però vorrei… Insomma, sono il soggetto, quindi…»
Haruka lo interruppe, iniziando a frugare nella borsa ed estraendone il blocco da disegno. Strappò il primo foglio e lo allungò all’amico.
«Ecco. Puoi tenerlo. »
«Volevo solo vederlo! »
«Se non lo vuoi, buttalo. »
«Che cosa orribile! Non lo farei mai! »
Haruka avrebbe voluto ribattere che di cose orribili Rin ne aveva già fatte in abbondanza nel recente passato, ma il lieve rossore che sfiorò le guance del ragazzo e gli occhi spalancati fissi sul foglio gli bloccarono le parole in gola. Rin era bello, era davvero bello con quell’espressione stupita, e Haru avrebbe voluto avere una matita per immortalare quel momento. Invece non l’aveva, per questo tornò a voltarsi verso il mare con espressione imbronciata, percependo più che vedendo il sorriso che si allargava sulle labbra del rosso.
«É bello. » disse, quasi facendo eco ai suoi pensieri. «Grazie. »
«É una sciocchezza. » ribadì Haruka come aveva già fatto sul treno, ma questa volta anche sulle sue labbra, a ben vedere, aleggiava l’ombra di un sorriso.